La testata del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino

Raccontare le migrazioni, il giornalismo attraverso gli occhi dei rifugiati

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Alidad Shiri ha 25 anni e fa il cronista. Vive a Bolzano, dove coltiva la sua passione per la scrittura. Ruth Ketsia Kiyindou è una dottoressa. Le sue giornate a Torino si dividono tra il lavoro, un nuovo master, il suo bimbo di 10 anni e il volontariato nell’associazione di cui è presidente a Torino, Mosaico. Abdullahi Ahmed è un mediatore culturale. Ha fondato Generazione ponte per far scoprire ai giovani ragazzi stranieri i luoghi della storia italiana e europea. Tutti e tre sono rifugiati in Italia.

Insieme a Carlotta Sami, portavoce dell’Unhcr, sono stati protagonisti di un pomeriggio di dialogo con gli studenti del Master in giornalismo di Torino, per parlare delle sfide e dei limiti che incontra l’informazione di oggi quando parla di migranti e rifugiati.

Tra gli errori più comuni, quello di fermarsi solo al racconto del viaggio che conduce in Europa. O il poco spazio che si lascia alle loro voci. O ancora una scarsa attenzione all’utilizzo di un linguaggio corretto e non discriminatorio. “Me la prendo spesso con i giornalisti” spiega Ruth Hetsia Kiyindou, “Non possono permettersi di non rispettare le regole. Sono come gli insegnanti del popolo”.  Una severità che condividono anche Abdullahi Ahmed e Alidad Shiri. Secondo Shiri un rifugiato oggi viene rappresentato in due modi: come un criminale o come un bisognoso. “Siamo persone come tutti”, dice. Quello che chiede ai giornalisti è semplice: essere trattato come una persona, come tutti.

 

ROBERTA LANCELLOTTI

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