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Quella panchina arcobaleno di via Monteverde

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C’è un piccolo grande Eden ad Alessandria, a pochi passi dal cimitero comunale. Una distesa verde dove puoi incontrare il “polpo del deserto” (Welwitschia mirabilis), una creatura diversa da qualsiasi altra, in grado di sopravvivere in un luogo tra i meno ospitali della Terra, come il deserto del Namib. Ricorda un ciuffo di alghe morte ma in realtà è un albero, con due sole foglie, che può vivere fino a due millenni.

Il Giardino Botanico di Alessandria di via Monteverde nasce nel 2000, in seguito alla ristrutturazione della vecchia serra comunale.  Porta il nome della “signora della pittura”, meglio nota come “pittrice dei Papi”, Dina Bellotti. Artista alessandrina mancata nel 2003, era affascinata da tutto ciò che coglieva negli occhi delle persone, nello sguardo dei bambini: amava la poetica bellezza della natura, spesso sfondo dei suoi quadri.

L’orto mi accoglie, appena entrato sulla destra, con una panchina arcobaleno: “l’idea, di mia moglie, – confida Sergio Montagna, presidente dell’ Associazione RNA – Natura e Ragazzi – era quella di rendere omaggio alle cromatiche dei cinque continenti rappresentati nei cerchi olimpici. Poi, però, i colori ci sono sfuggiti di mano”. Ciò che vuole richiamare è l’idea di accoglienza e apertura al mondo.

Fucina di idee e progetti in continua evoluzione, questo parco fiorisce grazie al progetto di inclusione che Angelo Ranzenigo – responsabile del Giardino Botanico – e Montagna vogliono promuovere, in forza della collaborazione tra volontariato, no-profit, servizio civile ed ente pubblico.

La distesa verde, in oltre 12mila metri quadrati, offre uno stagno didattico “wifi” per i bambini, voliere e serre per prendere confidenza con biomi altrimenti alieni, sale incontri per carpire i segreti di botanica ed ecologia, accompagnati dalla scienza che Angelo Ranzenigo offre ai curiosi con gratuità e dedizione (ma anche tanto impegno).

Entrare al Giardino Botanico di Alessandria significa fare un viaggio nello spazio/tempo: dall’Africa all’America, dalla notte dei tempi fino ad oggi. Milleduecento esemplari di piante, gran parte donate dall’Associazione RNA – Natura e Ragazzi, hanno qui messo radice.

Tra gli ambienti che flora e fauna custodiscono e proteggono come integerrimi guardiani, c’è il mondo desertico e quello tropicale. Ciascuna delle tre serre, che riproduce un particolare ambiente naturale condizionato da fattori ecologici determinanti quali acqua, temperatura e luce, è il frutto di continue sperimentazioni e manutenzioni. Qui vivono piante fossili e volatili in via di estinzione, in futuro pronti a fare ritorno alle terre d’origine. Tra gli uccelli ci sono cenerini e inseparabili, che qualche volta scrutano gli ospiti con sospetto, ma anche tartarughe acquatiche e terrestri che, abbandonate, trovano qui nuova casa.

Davide e Martina, giovani laureati sorridenti, accolgono i curiosi e li accompagnano in una vera immersione green. Il sogno di Ranzenigo e Montagna è promuovere l’integrazione. Qui lavora, volontario, Mohamed che viene dal Niger: segue al giardino botanico un corso di formazione gratuito per operatori verdi. “Si è talmente appassionato che ci raggiunge ogni volta che ne ha occasione”, ricorda Ranzenigo.

Luogo di stage e scambi universitari, l’orto è dal 2005 in convenzione e comunicazione con il Dipartimento di Scienze Ambientali e della Vita dell’Università degli Studi del Piemonte Orientale “A. Avogadro”. Il fine? Consentire l’inserimento del giardino nel circuito universitario nazionale.

L’idea che anima e dà linfa a questo parco è renderlo accessibile e godibile ad ogni forma di diversità culturale, anagrafica ed anche relativa al mondo delle disabilità. La serra delle piante succulente, ad esempio, ha una nuova pavimentazione, adatta ad ogni tipo di carrozzina. Le piante, da parte loro, esibiscono orgogliose la loro storia su qr code freschi di installazione, per essere comprese anche da chi non può sentire. Ma ci sono in cantiere progetti per rendere fruibile questo Eden anche ai non vedenti.

“Il nostro è un piccolo esempio, con le nostre piccole capacità, ma in cui crediamo molto” dice sorridente Montagna. Così, guardando quella panchina arcobaleno, custode dell’entrata del Giardino Botanico di Alessandria, saluto (sì, è solo un arrivederci) questa piccola grande proposta. Un progetto di incontro e inclusione di mondo green, cultura e diversità.

 

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RICCARDO LIGUORI