Quanta Africa c’è in Italia, quanta sotto la Mole. C’è Joyce che è arrivata dalla Nigeria nel 2016, ha preso il diploma di scuola media e da un anno e mezzo lavora in un bar. Ci sono Praise, da due anni aiuto cuoca in un ristorante, ed Ese, che da tre è occupata in lavanderia. Ci sono Abdullah Ahmed, somalo, che ha fondato l’associazione Generazione ponte per diffondere una cultura di convivenza pacifica, di dialogo e scambio interculturale, e Ruth Ketsia Kiyindou, medico congolese, presidente di Mosaico, che offre sostegno ai rifugiati. Torino ha una percentuale di stranieri del 9,8%, superiore alla media nazionale che si attesta all’8,7%. «In un anno orribile per l’immigrazione, con due decreti sicurezza che hanno inciso in modo pesante sugli arrivi e sulla possibilità di permanere nel nostro Paese, è utile riflettere sui numeri», è l’invito del direttore del Centro Piemontese di Studi Africani Federico Daneo.
I numeri del Piemonte
Il titolo del ventottesimo rapporto sull’immigrazione a cura di Caritas e Migrantes richiama il messaggio del Papa per la centocinquesima Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato: «Non si tratta solo di migranti». Una parola che non basta: «Migranti è un aggettivo, le persone sono sostantivi», ha precisato Bergoglio.
L’elaborazione, su dati Istat, dimostra che gli stranieri residenti in provincia sono 221.842, di cui 1104.437 maschi e 117.405 femmine. al 31 dicembre 2018 i residenti stranieri nella regione erano 427.911, pari al 9,8% della popolazione totale. La presenza dei soggiornanti è autorizzata soprattutto per motivi familiari (il 49,2%), di lavoro (26,3%), umanitari o di asilo (16,8%) o per studio (5%). «Il dato proporzionalmente così ridotto di permessi per motivi di lavoro dimostra la difficoltà di permanere sul territorio in modo legale», spiega Daneo.
In linea con la proporzione della distribuzione della popolazione sul territorio, la città metropolitana di Torino accoglie oltre la metà dei residenti stranieri (il 51,8%), mentre nelle altre sette province la presenza più forte è a Cuneo, seguita da Alessandria e Novara. Nella regione, i richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale registrati nelle strutture di accoglienza a fine 2018 sono 11.098, in calo di circa 2.600 rispetto all’anno precedente.
Sono 62.233 gli studenti stranieri nelle scuole piemontesi: il 13% del totale. Nell’università i ragazzi che non hanno cittadinanza italiana sono invece l’8%. È da qui che passa l’integrazione.
Il problema lavoro
Di pochi giorni precedente è stata la pubblicazione del ventiduesimo Osservatorio interistituzionale sulla presenza di cittadini stranieri in provincia di Torino, cui hanno collaborato Prefettura e Comune: il focus è sulla fragilità. A fronte del calo della popolazione in città, dopo il rallentamento del 2015 e del 2016, il numero degli stranieri è aumentato. Mentre gli italiani sono scesi di 6.060 unità, gli stranieri sono 331 in più: in totale arrivano a quasi 100mila. Quanto alla provenienza, in linea con il dato nazionale, le prime cittadinanze in Piemonte sono la romena, la marocchina, l’albanese e la cinese. Si discosta la quinta: mentre in Italia è l’ucraina, qui è la nigeriana, che nella classifica nazionale figura solo al dodicesimo posto.
Come ha sottolineato la vice sindaca Sonia Schellino, il problema principale per gli stranieri è l’occupazione. «Serve un focus sui documenti – ha spiegato – per capire cosa serve per trasformare alcuni permessi in permessi di lavoro. Un impiego si porta dietro la casa, la salute e così via». Se le richieste di lavoro stagionali sono aumentate del 33%, è infatti diminuito il numero di autorizzazioni.
La situazione in Italia
Poche settimane fa, a Roma e nelle più grandi città italiane, è stato presentato il Dossier Statistico Immigrazione 2019, a cura di Centro Studi e Ricerche Idos insieme al Centro Studi e Confronti; la divulgazione a Torino è stata curata dal Centro Piemontese di Studi Africani. Dal rapporto, in gran parte finanziato dall’8 per mille alla Chiesa valdese, si evince che nel 2018 i migranti giunti in Italia via mare sono stati 23.370, un numero crollato di oltre l’80% rispetto al 2017; nei primi nove mesi del 2019, gli arrivi sono stati solo 7.710. Cinque volte meno in confronto alla Grecia (39mila) e due volte e mezza rispetto alla Spagna (18.720).
Una riduzione seguita agli accordi stretti con la Libia, pagati al prezzo delle vite perse nel Mediterraneo centrale: resta la rotta migratoria più letale al mondo, con 25mila tra morti e dispersi accertati dal 2000 a oggi, oltre la metà del dato a livello mondiale. Nel 2018 nel tratto italo-libico l’Organizzazione internazionale per le migrazioni ne ha contati oltre 1.300, uno ogni 35 persone che hanno tentato traversata. È calato anche il numero di minori stranieri non accompagnati arrivati sul suolo italiano: l’anno scorso sono stati 3.500, un settimo del totale.
Da circa sei anni la popolazione straniera nel nostro Paese cresce a ritmi contenuti. Nonostante le 112.500 acquisizioni di cittadinanza italiana, nel 2018 si è registrato un aumento del 2,2%: gli stranieri sono 5.255.503, l’8,7% della popolazione residente. Le nazioni con il numero più alto di residenti stranieri sono la Germania, con 9,7 milioni, e il Regno Unito, con 6,3.
Articolo tratto dal numero di Futura Magazione uscito il 13 dicembre 2019. Leggi il Pdf cliccando qui