Il codice di un mobile Ikea, una vecchia caldaia da sostituire, appunti di una lezione, la lista della spesa da mandare al coinquilino. L’ultima immagine salvata sul telefono dagli studenti del Campus Luigi Einaudi dell’Università di Torino racconta storie pratiche e quotidiane; nessuna velleità artistica da #picoftheday, piuttosto un appunto che serve, o dovrebbe servire, a non perdere l’orientamento.
Prima che scattare diventasse così facile e immediato, le foto servivano a immortalare albe e tramonti, cieli e luci che così belli non si vedevano tutti i giorni, persone fotografate per sentirle più vicine quando erano lontane, momenti di cui pensavamo fosse meglio non dimenticarsi. Forse succede ancora, ma le gallerie dei nostri telefoni sono piene di elenchi, liste, appuntamenti, documenti, rate da pagare, scadenze… hanno sostituito le agende e la scrittura.
Lavinia
La sua ultima foto è di poche ore prima: c’è lei di fronte allo specchio di camera sua con un cappotto nero con pois bianchi. “Volevo far vedere a mia mamma che vive lontana il mio nuovo acquisto. Solo che mia madre non ha WhatsApp, allora l’ho mandato a mia sorella, che glielo ha fatto vedere. Le è piaciuto”. Lavinia ha ventisette anni e fotografa moltissimo. A parte i selfie che non le piacciono, il suo cellulare conserva tutto ciò che lei vede e trova guardandosi intorno. “Ogni mattina faccio una lista delle cose che devo fare durante il giorno, la fotografo e me la porto dietro. Così non mi dimentico di niente, o almeno ci provo”.
Simone
Ammette di non fare molte foto. L’ultima, di tre giorni prima, è una scena della puntata finale della seconda stagione di Breaking Bad: “L’ho fatta per mandarla alla mia fidanzata. Per cercare di convincerla a guardare la serie. Forse ci sono riuscito”. Il suo cellulare è in grado di tenere poche immagini, soprattutto appunti e selfie da mandare ai suoi amici. Per questo ne fa poche e le cancella spesso: “Mi capita di riguardarle solo poco prima di buttarle nel cestino ed eliminarle per sempre”.
Giorgio
La sua galleria è un post-it a immagini. L’ultimo salvataggio è lo screenshot di una pagina di Wikipedia: “Ho letto che Charles Manson, l’assassino di Sharon Tate, moglie di Polanski, stava per morire. Mi sono accorto che non sapevo molto di lui allora sono andato a cercarmi la sua storia, i suoi omicidi, le modalità di svolgimento. Uso spesso questo metodo per salvare da qualche parte le cose che non so. Adesso, per esempio, so tutto di lui”. Mentre screenshottava vita, morte e miracoli di Manson gli è arrivato il messaggio di una chat di WhatsApp, il suo telefono ha salvato anche questo. Come quasi tutti gli studenti intervistati, Giorgio, che ha vent’anni, ammette di non guardare mai le sue vecchie foto: “Lo faccio solo nei momenti di noia”.
Claudia
La foto è stata scattata in un McDonald’s ed è diventata una storia di Instagram, una di quelle con cui si chiede agli amici di partecipare a un sondaggio. “Sono andata a mangiare con un’amica”, spiega Claudia, 19 anni. “Lei è molto attenta alla linea, io invece non riesco a rinunciare alle cose che mi piacciono. I miei amici lo sanno, quindi per gioco ho postato un’immagine del vassoio contenente uno spicchio di ananas e una porzione di patatine, chiedendo di indovinare quale fosse il mio piatto”.
Giulia
Ha il selfie che le ha mandato la sua amica poche ore prima per avvisarla che stava arrivando all’università, dove si erano date appuntamento. “C’è lei su pullman con la faccia stanchissima, non era troppo felice di essersi svegliata questa mattina”. Ha mandato la stessa foto anche ad altre compagne del corso magistrale in Psicologia. “Fino a due anni fa”, continua Giulia, “forse per dirmi che avrei dovuto tenerle un posto in aula mi avrebbe mandato un messaggio, ma questo mi sembra che renda meglio l’idea, no?!”.
Brenda
Fa foto in continuazione, le sue vacanze, le città che ha visitato, posti che sarebbe un peccato dimenticare. Soprattutto, però, le piacciono le persone: sul suo cellulare conserva foto della sua famiglia e dei suoi idoli, attori e cantanti. L’ultima foto che ha scattato è della sera prima, un selfie in cui sorride. “Non ne faccio molti, è stato un caso”.
Gabriele ha salvato un manifesto sul diritto privato, Marianna l’immagine di una cagnolina in un canile per cercare di convincere i genitori a prenderla, Lisa i partecipanti a un convegno, Vittorio gli orari del lettorato di inglese, Andrea la foto mossa della sua camera da letto, “me ne accorgo adesso, è stato uno sbaglio”.
Marica ha ventuno anni e studia Diritto per le imprese. Sul suo telefonino ha salvato 6468 immagini, “sono soprattutto i miei gatti Mulan e Milo. Fotografo più loro del mio fidanzato, chissà se vuol dire qualcosa! Ieri erano in una posa che mi sembrava dolcissima, dovevo assolutamente mandarla a mia madre”.Allegra ha lo screenshot di un post divertente che ha trovato su Facebook: “l’ho salvato per mandarlo ai miei amici, che mi prendono sempre in giro”; Luca un codice Ikea: “mi serve per andare a ritirare un mobile che ho ordinato. La mia fotocamera la uso soprattutto per questo, per gli appunti, salvare documenti”.
La memoria dei nostri telefoni ricorda un istante che è importante un momento e subito dopo non lo è più. “Scattiamo foto per illuderci di ricordare” dice Vittorio, e ha ragione. Prima di mostrare la foto, i ragazzi chiedono di controllare il contenuto dei loro scatti. Molti di loro non si ricordano cos’hanno salvato, e riguardando le immagini ridono, si imbarazzano, esclamano “Oddio, no, questa è meglio di no”. L’ultima immagine di Andrea è un selfie scattato dalla fidanzata Alessia la sera prima. L’ha scattato per avvisarlo di avere fatto la spesa, e di aver comprato anche l’Häagen- Dazs che gli aveva chiesto. In mezzo alla foto un cuore, e dopo immagini su immagini una scritta: “Ti sto aspettando”.
DI GIUSEPPE GIORDANO E GIORGIA MECCA