“Tre giorni fa ero alla stazione di Przemyśl, uno dei primi centri di accoglienza in Polonia per chi arriva dall’Ucraina. All’inizio sono stati predisposti nove centri di accoglienza, di cui otto lungo l’area di confine. Ho trovato una marea di rifugiati che aveva lasciato la propria vita, interrotta all’ultimo atto. Tantissima gente che arriva con il proprio gatto tra le braccia. La maggior parte di loro non ha piani per il futuro”. Fabio Turco è un giornalista italiano che vive da anni a Varsavia e cofondatore di Centrum Report. Da quando ha avuto inizio l’invasione russa lavora lungo il confine, per documentare l’arrivo dei rifugiati ucraini.
90 km a piedi da Leopoli alla Polonia
La situazione dal fronte polacco risulta ancora sotto controllo, a partire dall’organizzazione. Parte della stazione è adibita al ricovero dei rifugiati. Un tetto sulla testa e un pasto caldo accoglie chi fugge dall’Ucraina. Una traversata che prosegue a rilento per molti ostacoli, come racconta Turco. “Ho parlato con una famiglia che dall’Italia era venuta a riprendere la cognata. Il treno che da Leopoli l’avrebbe dovuta accompagnare in Polonia, partito il giorno prima alle 15, non era ancora giunto a destinazione alle 12 del giorno dopo”.
Leopoli dista solo 90 chilometri dal confine polacco, e molti ucraini hanno scelto di avviarsi a piedi pur di arrivare prima. “Ho incontrato un ragazzo – prosegue Turco – che ha camminato per tre giorni prima di arrivare. E non era il solo”. I rifugiati arrivano a destinazione prostrati dal viaggio. Il punto riservato all’accoglienza medica a Przemyśl si riconosce dalla fila. Fuori dall’infermeria la coda di profughi è chilometrica, spossata dal lungo viaggio. Feriti gravi, racconta Turco, per il momento non se ne sono visti, ma sicuramente arriveranno.
Ma la traversata è solo l’inizio dei problemi. ll punto di accesso più vicino a Przemyśl è il valico di Medyka, e alla frontiera i rifugiati sono costretti a rimanere in fila a lungo prima di passare. C’è chi attende, in piedi e immobile, fino a trenta ore, e il clima non viene incontro: la primavera è alle porte, ma in questo periodo dell’anno le temperature si aggirano ancora intorno agli zero gradi.
La solidarietà polacca, dalla politica ai cittadini
Il numero di rifugiati in Polonia cresce inesorabile, ma la solidarietà per chi fugge dalla guerra rimane monolitica. Il primo ministro Mateusz Morawiecki ha annunciato che il paese accoglierà quanti rifugiati sarà necessario ospitare, e secondo Turco le prime stime ipotizzano l’arrivo di almeno un milione di persone. Ogni edificio è utile ad alleggerire la pressione, come nel caso della Tauron Arena di Cracovia, il palazzetto dello sport più grande della Polonia, oggi adibito a sede dell’accoglienza.
Gli aiuti non arrivano però solo dal mondo politico. La crisi ucraina, come racconta Turco, ha compattato l’intera società civile. “La Polonia sta ripercorrendo l’invasione subita nel 1939. Poi c’è anche un sentimento anti russo storico radicato. Vedere il popolo ucraino aggredito fa sentire alle persone che bisogna fare qualcosa. Tanti stanno offrendo la propria disponibilità per andare alla frontiera a prendere chi arriva alla stazione”. Gli aiuti arrivano anche dai paesi vicini. “Dei ragazzi della Repubblica Ceca sono arrivati alla frontiera con un cartello, offrendosi di trasportare quattro persone a Varsavia, Cracovia o Berlino”. In Polonia già vivono più di un milione di ucraini, la maggior parte arrivata dal 2014, dopo la crisi in Crimea. Tante persone che arrivano adesso trovano da qui amici o parenti che cercano di aiutarli come possono.
Manifestazioni all’ambasciata russa
La vicinanza all’Ucraina non è espressa solo con gesti di solidarietà, come accaduto anche a Torino. In Polonia negli ultimi giorni sono fiorite manifestazioni contro la guerra che, tuttavia, non si danno sempre appuntamento solo nelle piazze della città. I manifestanti desiderano mandare un messaggio chiaro, e il luogo di ritrovo è anche l’ambasciata russa. A caratterizzare le proteste, sempre pacifiche, è la partecipazione di nazionalità differenti, come nel caso dei bielorussi. “In Polonia – spiega Turco – vivono tanti bielorussi, dissidenti o perseguitati dal regime di Lukashenko. In questo frangente esprimono solidarietà nei confronti dell’Ucraina e ovviamente slogan contro Putin”.
Chi oggi fugge dalla guerra non sa quando potrà ritornare a casa, e la preoccupazione che la crisi precipiti è un timore che aleggia nella testa di molti polacchi, come percepisce Turco. “C’è sicuramente preoccupazione. Io la vedo diffusa tra la popolazione su quello che può accadere, visto che tutte le previsioni hanno sempre preso il corso peggiore. Prima si sperava che le trattative potessero andare a buon fine. Poi si sperava che la questione si limitasse al Donbass. Poi la questione è andata sempre peggio e ora non c’è più la certezza di nulla. ll livello di allerta è già molto alto”. Una inquietudine che i rifugiati pagano sulla propria pelle. “Le persone hanno lasciato le loro case improvvisamente, e sono partite raccogliendo le loro cose all’ultimo momento. La maggior parte di loro non ha piani per il futuro. Al momento hanno trovato ospitalità qui, ma tanto dipenderà da come andrà avanti la guerra. Poco fa ho sentito un mio amico originario di Kharkiv. La sua famiglia stava lì, e la loro casa è stata molto probabilmente distrutta nei bombardamenti di questi ultimi due giorni”.