È arrivato alla sua quinta edizione il Premio intitolato a Gino Pestelli, assegnato alla migliore tesi di laurea sul giornalismo. L’obiettivo del centro studi intitolato al giornalista già direttore de La Stampa è valorizzare il talento dei giovani appassionati di giornalismo che decidono di incentrare su questo mestiere le loro tesi.
Il premio è stato istituito cinque anni fa dal presidente del Centro Studi Giorgio Levi.
Qual è l’obiettivo del Premio Pestelli?
L’idea è di tenere vivo da una parte il nome di Gino Pestelli, vice direttore de La Stampa, cacciato dal fascismo perché si era messo contro Mussolini quando ci fu il delitto Matteotti, un personaggio importante per storia del giornalismo italiano. Dall’altra parte c’è la volontà di far avvicinare i giovani al nostro centro studi, che sembra forse una cosa da “vecchi” ma non è così.
Chi sono le tre finaliste di questa edizione?
Per il secondo anno consecutivo le tre finaliste sono tutte donne. Oltre alla vincitrice, Lucia Caretti dell’Università degli Studi di Torino, abbiamo assegnato due menzioni speciali a Micol Burighel dell’Università degli Studi di Genova e Nicoletta Labarile dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza.
Secondo lei qual è lo stato di salute del giornalismo per chi aspira a entrare in questo mondo?
Io vedo che ci sono sempre tanti ragazzi che vogliono fare questo mestiere, e c’è sempre un bell’entusiasmo attorno a questa professione. Il problema è un altro: i giornali sono in crisi, non vendono la carta e non sono ancora riusciti a fare business della rete. Io però sono ottimista. Le notizie sono lì dove sono sempre state. La fonte primaria di questa informazione non è cambiata, è cambiato il mezzo di distribuzione delle notizie e gli editori dovrebbero capire che la rete è l’unica garanzia di fare giornalismo domani.
La vincitrice è Lucia Caretti, dell’Università degli Studi di Torino. Collabora con la Stampa già da 6 anni e si definisce “cresciuta sulla strada”, perché da quando ha iniziato l’università ha sempre lavorato come giornalista. A 26 anni è riuscita a laurearsi con una tesi che le è valsa il Premio Pestelli.
Lucia, è la vincitrice del Premio Pestelli, come si sente?
La prima parola che mi viene da dire è “grazie”. Questo premio è un aiuto concreto per chi vuole fare il giornalista e non vuole smettere di studiare. Nella situazione di precariato in cui siamo, c’è chi parla e chi fa qualcosa di concreto. Ecco, il Pestelli fa una cosa concreta. Ringrazio molto anche Mauro Forno, il mio relatore, che è stato anche un grande allenatore. È riuscito a venirmi incontro ed è stato merito suo se sono riuscita a laurearmi. Mi ha aiutato a non rinunciare a questa passione che avevo e mi ha accompagnato nel tempo e mi ha spinto a non rinunciare alla qualità.
La sua tesi è un lavoro su Dino Buzzati. Di cosa tratta?
L’idea nasce dieci anni fa, quando al liceo ho seguito un corso su Dino Buzzati. Mi sono appassionata, e leggendo la sua biografia ho scoperto che in una fase della sua vita ha fatto la guerra navale sugli incrociatori, proprio come mio nonno. Così è nata la curiosità per capire se si fossero mai incrociati. In realtà non si incontrarono mai, ma io mi sono appassionata a questo periodo della vita di Buzzati di cui nessuno sa nulla. Grazie alla moglie di Buzzati ho potuto leggere pagine inedite di diari e lettere dello scrittore. La tesi è il racconto della grande ricerca di un testo che Buzzati avrebbe scritto mentre era imbarcato, un libro commissionato dalla Marina che gli chiese di scrivere “Una specie di Tsushima”, che dà il titolo alla tesi . Questo testo non era mai stato documentato, finché il ricercatore Emanuele Ertola mi ha contattato dicendomi di aver trovato quello che cercavo: era il primo capitolo, probabilmente l’unico superstite del romanzo mai finito. Adesso ne è prevista la pubblicazione.