A bordo di un’autoambulanza ci possono essere dai 5 agli 8 volontari soccorritori. In Puglia sono figure precarie, al servizio di associazioni senza scopo di lucro, ma indispensabili per il soccorso. Una categoria di operatori non ancora professionalizzata. Li chiamano anche tecnici di ambulanza: da quando i medici sono stati dirottati sulle auto mediche per via dei tagli pesanti alla sanità, sono diventati il braccio destro degli infermieri. Ai soccorritori volontari spetta il barellamento, la messa in sicurezza e il trasporto del paziente. Possono praticare un massaggio di rianimazione in caso di arresto cardiaco. Ventilare esternamente, prendere la saturazione e la glicemia, erogare l’ossigeno.
In questi giorni i soccorritori sono impegnati sul fronte dell’emergenza sanitaria Coronavirus. Un volontario di Bari e provincia spiega che alcuni suoi colleghi hanno abbandonato il campo preferendo non rischiare. “Ci hanno dato le tute di salvaguardia – precisa – ma a molti non è stato spiegato come indossarle e alcuni volontari sono stati male, sono svenuti. A tanti non conviene lavorare perché non abbiamo un contratto. Firmiamo un foglio e dichiariamo di fare turni in qualità di volontari. Siamo solamente assicurati quando saliamo sul mezzo. Siamo coperti in caso di incidente dell’ambulanza. Ma se venissi contagiato o mi facessi del male sarebbe un problema solo mio. Non mi viene riconosciuto nulla. Siamo solo volontari di associazioni, quindi ci passano appena un contributo spese di carburante e pranzo di circa 25 euro al giorno”.
I volontari coprono gli stessi orari lavorativi dei dipendenti Asl: 12 ore di turno giornaliere. In due giorni sono 24 ore. Gli stessi identici turni di un medico o un infermiere.
L’Anpas Puglia (Associazione Nazionale Pubblica Assistenza) ha diffuso un documento che rileva attuali criticità del servizio Emergenza-Urgenza 118. Qui il documento Anpas
“Noi non pretendiamo chissà cosa – chiarisce il soccorritore – Chiediamo uno stipendio giusto, ma soprattutto il riconoscimento di una professionalità, visto che siamo indispensabili. Se la Regione ci stabilizzasse, anche tramite concorso, faremmo risparmiare tanti soldi alle casse pubbliche”.
Le associazioni ricevono finanziamenti pubblici dalla Asl per gestire il servizio di ambulanza. Ma il malcostume nella gestione di questi fondi sarebbe molto diffuso in Puglia, denuncia il volontario, che ha richiesto di essere protetto dall’anonimato. “La mia associazione ci rispetta, ma tante altre si comportano come aziende di lucro. Ad esempio caricano 1300 euro di rimborsi al volontario e poi si fanno restituire 300 euro fuori “busta”. Nella nostra zona saranno tre o quattro le associazioni buone”.
Antonio Loconte, giornalista del Quotidiano Italiano di Bari che ha scritto diversi articoli a riguardo, conferma: “Vengono loro concessi dei miseri rimborsi. In molti casi sono obbligati a fare trasporti secondari o sanificare le associazioni. Le divise se le comprano loro”.
Ci sarebbero associazioni che si fanno pagare dal paziente il servizio di ambulanza al chilometro. Tutto ciò è assolutamente illegale perché il contributo dovrebbe essere a donazione libera. “Si dice donazione volontaria – fa notare Loconte – ma di fatto si tratta di tariffe vere e proprie, che tengono in considerazione la distanza chilometrica, la presenza di ascensori o meno nello stabile, nel caso delle sole scale con supplemento per ogni piano anche di 25 euro. Si fanno pagare la necessità di servizi supplementari come l’ossigeno, considerano persino il peso del paziente, ora e giorno. Nel caso di notturni e festivi le tariffe posso raddoppiare”. L’ultimo episodio del genere denunciato risale al gennaio scorso.
Poi c’è il servizio che gli addetti ai lavori chiamano “taxi sanitario”. Se ad esempio un paziente viene dimesso dal pronto soccorso e non deambula, contatta l’associazione onlus e richiede un’ambulanza per il trasporto. “Quasi tutti si fanno pagare per questo servizio. Ma deve essere una donazione a piacere. Invece non è così”, spiega il volontario.
La convenzione con una di queste associazioni può costare alle casse pubbliche anche 120mila euro al mese. In Puglia le 141 basi delle ambulanze costano 68 milioni di euro l’anno. Stabilizzare i soccorritori volontari significherebbe risparmiare e centralizzare il controllo della spesa pubblica contro un “magna magna” dove al Sud si è infilata persino la criminalità.
A fine 2019 il governatore pugliese Michele Emiliano aveva promesso, a breve, una stabilizzazione, o meglio internalizzazione dei soccorritori da assorbire attraverso la società Sanitaservice e altri tramite l’Areu (Agenzia Regionale dell’emergenza-urgenza).
“Nel corso degli anni sono pervenute alcune denunce su comportamenti non corretti di alcune associazioni”, ammette il dottor Vito Montanaro, attuale direttore del Dipartimento Promozione della Salute della Regione Puglia, ex direttore della Asl Bari.
“Occorre però dire che ve ne sono altre che hanno sempre operato nel rispetto delle norme, contribuendo a fare del 118 pugliese un sistema che funziona sia pure con criticità che vanno risolte e aspetti che vanno migliorati. A cominciare dalle condizioni di lavoro degli operatori”.
Montanaro precisa che il progetto di internalizzazione dei volontari non è stato accantonato. Ma quali sono i tempi? “La scelta dell’internalizzazione è stata più volte ribadita. Non essendo di semplice realizzazione si stanno però verificando le modalità più opportune con cui procedere. In particolare accanto alla strada dell’azienda unica 118 (più complessa da realizzare) si sta verificando la possibilità di una internalizzazione dei soli soccorritori (esclusi medici) nelle Sanitaservice già esistenti. Percorso per il quale si è già stato avviato un confronto con le organizzazioni sindacali”.
Dal nostro corrispondente
NICOLA TEOFILO
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