Al Salone del Libro, Elisabetta Mancini, dirigente della Polizia di Stato, e Anna Maria Giannini, professoressa di Psicologia dell’Università Sapienza, hanno presentato Investigare 5.0, il nuovo manuale di criminologia e di criminalistica, curato da Mancini e Vittorio Rizzi.
Nell’immaginario comune, il criminologo si muove sulla scena del crimine, investiga e trova il colpevole del reato. Ma la rappresentazione diffusa da film, serie tv, e media non è reale. Il lavoro del criminologo si focalizza su moltissimi ambiti, che vanno dalla biologia, alla chimica, dalla psicologia alla statistica, alla cyber-sicurezza.
Uno dei nodi principali però, nel momento in cui avviene il reato, è costituito dalla vittima e dalla dimensione umana. La complessità di questo elemento va sempre tenuto in considerazione sia dal criminologo, sia dalle forze dell’ordine. “Le trasformazioni che hanno rivoluzionato il mondo delle scienze criminologiche sono due: il progresso e le trasformazioni sociali — evidenzia il prefetto Rizzi, attraverso un videomessaggio —. Una diversa cultura vittimologica ha trasformato completamente il lavoro delle forze di polizia. Oggi viviamo in un’epoca post-digitale. L’accelerazione è talmente forte che il mondo cambia di fronte ai nostri stessi occhi, nel momento stesso in cui viviamo il nostro presente”. Ma è proprio nella frenesia che si deve riuscire a pensare alla vittima e ai suoi familiari come a degli individui.
La Polizia di Stato vuole agire in questo senso. Giannini evidenzia l’importanza di progetti come Icaro, la campagna che porta le forze dell’ordine nelle scuole per discutere con i giovani di sicurezza stradale. Un altro segnale arriva dall’introduzione — sulla scia del modello britannico — della figura del “chirone”, che rimanda al mitico centauro maestro di Achille e simbolo della mediazione tra razionalità ed emotività: si tratta di un poliziotto a cui è affidato il compito di accompagnare i familiari delle vittime in tutta la vicenda giudiziaria. Per formare le forze dell’ordine ad affrontare nel migliore dei modi questo aspetto del mestiere, sono stati costruiti dei programmi formativi, tra cui i corsi di vittimologia. Scienze come la psicologia, la criminologia e la criminalistica hanno giocato un ruolo fondamentale nello sviluppo di un nuovo approccio empatico: “Una delle parti più importanti del lavoro di un poliziotto è il momento in cui deve dire ai familiari che il loro caro non tornerà più a casa — spiega Mancini —. L’approccio positivo non renderà più bella la notizia: sarà comunque la più brutta della loro vita. Il modo in cui viene detta però può aiutare il familiare a iniziare a elaborare il lutto e a cominciare una vita diversa, più triste, ma che deve continuare a esistere”.