Poche vaccinazioni, Italia a rischio: “Colpa anche di medici, istituzioni e giornalisti”

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Secondo l’Asl sono 17mila i ragazzi torinesi dagli zero ai sedici anni ancora senza vaccinazioni, nonostante l’obbligo previsto dal decreto Lorenzin per l’inizio di quest’anno scolastico. Certo, il numero è destinato a scendere entro la in primavera. Eppure, secondo il dottor Roberto Testi, sentito dalla Stampa, almeno 4 o 5mila giovanissimi riusciranno ad aggirare definitivamente gli obblighi legislativi. L’altra notizia importante degli ultimi giorni sono stati i quasi 5mila casi di morbillo segnalati in Italia da settembre 2016 a ottobre 2017. Il nostro Paese si piazza così all’ultimo posto della classifica europea.

Cosa succede? Cinquemila ragazzi non vaccinati sono un problema? Perché gli italiani hanno immediatamente smesso di immunizzarsi nonostante, negli anni scorsi, il Belpaese facesse molto bene dal punto di vista delle prevenzione? È colpa dei no vax?

Il dibattito organizzato ieri dall’Accademia delle Scienze di Torino, dal titolo “Prevenzione, vaccini e sfide future”, può aiutarci a trovare qualche risposta. All’incontro hanno partecipato professori di Immunologia e Igiene. Facendo ricorso a numeri, grafici ed esempi concreti, Guido Forno, Accademico dei Lincei e professore universitario, Pier Luigi Lopalco, docente con una lunga carriera all’estero e Roberta Siliquini, professoressa e presidentessa del Consiglio Superiore di Sanità, hanno dato un’interpretazione coerente di un fenomeno nuovo e complesso.

 

i relatori nella Sala dei Mappamondi

Le cause
Alla base di un crollo negli indici di vaccinazione, nonostante gli ospedali nostrani abbia l’offerta più ricca al mondo, “c’è l’opposizione ideologica dei no vax e una serie di teorie prive di fondamento scientifico”, spiega Siliquini, a cui si aggiunge, secondo Forno, “un’alterata percezione del rapporto tra rischio e beneficio”. Uno degli effetti del colera che colpì Napoli negli anni Settanta furono le lunghe file fuori dagli ospedali per le vaccinazioni. Oggi, al contrario, insieme ad alcune malattie, è scomparsa la percezione del rischio. “Possiamo dire che alcuni vaccini hanno funzionato troppo bene”, spiega Forno con un’iperbole. Chiaramente il problema non è questo, ma una corretta comunicazione, continua il docente. Un punto su cui batte anche Lopalco: “colpa delle campagne no vax, certo, ma anche di istituzioni, bufale e personale medico male informato”. Incrociando i trend di google, Lopalco fa notare come la ricerca delle parole chiave “vaccino” e “autismo” siano enormemente cresciute dopo la sentenza del Tribunale di Rimini del 2012, che aveva stabilito un nesso causale tra le due cose. Di conseguenza ha preso piede una fake news che all’estero era già stata smascherata da tempo.

Il rischio
Non ci sarebbe quindi da stupirsi se la performance dell’Italia sia in calo un po’ per tutti i tipi di vaccinazioni, compresa l’antinfluenzale raccomandata dai dottori in questi giorni. A Torino lo zoccolo duro degli obiettori al decreto Lorenzin sono i circa 5mila scolari che potrebbero rifiutare le punture fino a marzo. “Non rappresentano soltanto un pericolo per loro stessi”, spiega Siliquini, “ma anche per i ragazzi non vaccinabili”. Inoltre, continua la professoressa, il rischio che si diffonda un’epidemia è inversamente proporzionale al numero di persone non vaccinate. “L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) raccomanda una soglia del 95 per cento per le vaccinazioni di massa. In Italia questo non succede in nessun caso”.

Le soluzioni
Secondo Lopalco bisognerebbe procedere alle vaccinazioni “al momento delle dimissioni dall’ospedale o direttamente nelle scuole”. Potrebbe anche funzionare la Nudge Theory, un invito con più incentivi a farsi somministrare il vaccino, che, tuttavia, non comporta alcun obbligo. Può assumere la forma, ad esempio, di una scheda di convocazione più articolata, in cui il cittadino inserisce ora e giorno della vaccinazione. Un aiuto alla corretta informazione potrebbe infine venire dal Vaccine Safety Net, una lista di siti certificati dall’Oms. Ce ne sono anche tre italiani.

GIUSEPPE GIORDANO