Più natura per il futuro

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La pandemia ha diminuito il senso di onnipotenza sviluppato dall’uomo nei secoli. Il filosofo Ferraris: “Se non salveremo la terra, almeno limitiamo i danni”

C’è stato un prima e c’è un dopo: la pandemia ha segnato una cesura per tutti, colpiti in maniera più o meno diretta nelle loro abitudini, nei ritmi e negli stili di vita. Se il prima semplicemente ci manca, sul dopo si affollano domande e incertezze. È la fine del predominio dell’uomo sulla natura? «È venuta meno la presunzione, che sta alla base del concetto di Antropocene, dell’onnipotenza umana sull’ambiente, quasi che tutto dipendesse da noi – spiega Maurizio Ferraris, professore di filosofia teoretica all’Università di Torino -. Siamo una specie, nemmeno troppo forte o intelligente, non illudiamoci di salvare la terra, come nei proclami titanici che abbiamo sentito negli ultimi anni. Cerchiamo di salvare noi stessi, per quanto possibile, e finché dura. Altre forme di vita sono già lì, pronte a prendere il nostro posto, e non credo che nessuno ci rimpiangerà». Il messaggio del filosofo è chiaro: ridimensionare il senso di onnipotenza che l’umanità ha sviluppato nel corso dei secoli. Solo così si può delineare un futuro possibile. Un modo per farlo è partire dai dati: usare il metodo scientifico. Magari, come sostiene Ferraris, non salveremo la Terra, ma limiteremo i danni.

Un buon esempio di come la percezione possa essere talvolta fuorviante sono i numeri sull’inquinamento atmosferico e delle acque a Torino e in Piemonte durante il periodo di contenimento del virus. Il corso del Po, ad esempio, è limpido, ma il lockdown non c’entra: «Confrontando i risultati di gennaio e aprile, scelti come punti di riferimento, non abbiamo rilevato variazioni significative, fatta eccezione per i parametri legati ai cambiamenti stagionali – spiega Matteo Marnati, assessore regionale all’Ambiente. – Anche confrontando i dati di aprile 2020 con quelli degli ultimi cinque anni, non si notano mutamenti significativi. Il Po è limpido verosimilmente per l’assenza di piogge e per decantazione soprattutto nei tratti di pianura dove la velocità delle acque è scarsa».

Meno macchine, stesse polveri

Allo stesso modo, la riduzione del traffico veicolare non ha comportato un netto miglioramento della qualità dell’aria: «È stata registrata una diminuzione delle polveri fini, il cosiddetto Pm10, tanto lieve che non è possibile associare questa tendenza con la riduzione della circolazione delle auto – sottolinea Marnati. – Anzi: nella terza settimana di marzo, da lunedì 16 a mercoledì 19, abbiamo registrato su tutta la regione un aumento delle concentrazioni, che hanno raggiunto valori superiori non solo alla media del periodo, ma, in alcuni casi anche ai massimi, sforando il limite giornaliero ad Alessandria il 18 ed il 19 e a Novara il 18».

A parità di condizioni, il particolato quindi scende pochissimo e in alcuni casi addirittura sale. Non sono quindi le auto la causa principale dell’inquinamento atmosferico: «I dati confermano che la presenza di Pm10 nell’aria è dovuta in modo prevalente al riscaldamento, e di conseguenza scende con l’innalzamento delle temperature, verso la primavera. Diverso il discorso per l’ossido di azoto, altra sostanza tossica, che è legato al traffico veicolare ed effettivamente è calato».

Silenzio in città

A cambiare nelle settimane dell’emergenza è stata la colonna sonora delle giornate:  «Sia nella zona del Piemonte vicina all’aeroporto di Malpensa, dove  abbiamo fatto monitoraggi specifici, sia a Torino abbiamo registrato riduzioni dell’inquinamento acustico importantissime – dichiara Angelo Robotto, direttore generale dell’Agenzia Regionale per l’Ambiente Arpa Piemonte -. Il calo è nell’ordine di 15 decibel considerando tutti i giorni della settimana, e fino a 30 decibel nel fine settimana e nei punti più critici dove si lamentava il disturbo della quiete».

Il numero 15 non inganni: è paragonabile al 97% di persone che parlano. «Elementi come questo vanno presi in considerazione per migliorare la qualità della vita dei cittadini: facciamone tesoro. Non si tratta di puntare a questo tipo di fortissime diminuzioni, che neanche auspicheremmo, perché legate a una limitazione così marcata nella vita quotidiana, ma ricordiamoci che i fortissimi assembramenti e la rumorosità notturna hanno un impatto sulla nostra salute».

Niente Covid-19 nell’aria

Infine, dice Marnati, dai dati raccolti dall’Arpa, è emerso che il virus non ha contaminato aria e acque: «Dopo le prime analisi sulle matrici delle centraline del Lingotto e del depuratore delle acque reflue urbane di Torino, non risulta nessuna traccia del virus su acque a aria. Questa analisi è la prima in Piemonte, e sarà estesa in altre aree della regione grazie al laboratorio di Arpa a La Loggia, che stiamo attivando. Sarà il primo laboratorio dedicato alla virologia ambientale in Italia».

Così si guarda al futuro: «Ora dobbiamo decidere: investire su ricerca, innovazione e digitale, oppure restare fermi. Io non mi fermo», spiega Marnati, che è anche assessore ai Servizi Digitali e all’Innovazione. Ma oltre ai fattori umani, non si può più dimenticare l’ambiente: «È necessaria una rivoluzione culturale per tornare alle radici, cominciando dallo sguardo sulla natura, oggi sostanzialmente utilitaristico. Dobbiamo imparare a riconsiderarla come madre da cui origina la vita».

ADRIANA RICCOMAGNO

Articolo tratto dal Magazine Futura uscito il 3 giugno 2020. Leggi il Pdf cliccando qui