“Amavo i concerti, avevo acquistato il biglietto per i Radiohead molto tempo prima di piazza San Carlo, così sono andato. Ma quando la band ha iniziato a suonare e la folla si è mossa, ho finito per rannicchiarmi su me stesso. E all’uscita ho aggredito a parole i venditori ambulanti che distribuivano bottiglie di vetro. Gli ho mostrato le mie cicatrici, mi avranno preso per matto”. Le ferite di Lorenzo, lo chiameremo così per garantire il suo anonimato, 24enne del cuneese che studia al Politecnico di Torino, dopo cinque mesi dalla finale di Champions Juventus-Real Madrid ancora non sono cancellate. Non solo quelle fisiche, una più profonda alla schiena e l’altra alla mano. Da quella lunga notte dello scorso 3 giugno, infatti, la sua vita non è stata più la stessa. Come le sue abitudini: Lorenzo chiede sempre bicchieri di plastica quando esce con gli amici, anche per bere una birra, “è assurdo che ancora consentano di andare in giro nelle piazze e nei luoghi affollati con le bottiglie”, aggiunge.
Ma le difficoltà vanno ben oltre. A partire dall’università – “di cinque esami della sessione estiva, ne ho passati solo due” – ai viaggi, “sono andato a Madrid, una città totalmente senza vie di fuga, ho avuto paura”, ricorda. “Ho ancora timore di metro e bus, dei locali chiusi e di tutti i posti senza via di uscita. Allo stadio chiedo posti riservati e quando tutti battono i piedi a terra, sono costretto a chiudere gli occhi e ad aspettare con ansia che smettano”.E poco influiscono le novità su udienze, processi e responsabilità. “Prima di addormentarmi, o nel bel mezzo del giorno, alcune immagini di quella sera mi compaiono davanti come un flash – spiega Lorenzo –. Quando, mentre scappo, scopro di avere un buco nella schiena, o i feriti che mi passano vicino barcollando per allontanarsi dalla piazza. Le urla della folla che scappa, i ragazzi che rianimano un bambino a terra o la telefonata a mio padre per raccontargli quanto successo quella notte”.
Una notte terminata con oltre 1.500 feriti, di cui Lorenzo, rappresentato in sede civile dallo studio legale associato “Ambrosio & Commodo”, porterà con sé la paura negli occhi dei suoi amici, il boato, il fuggi-fuggi generale, le maglie bianconere intrise di sangue e i cocci di vetro. E anche timori più recenti, come quello di aver contratto malattie: “Nella folla, ci sono stati diversi contatti con gli altri feriti insanguinati – dice -, presto farò un controllo per l’Hiv”. Ricordi indelebili, come la rabbia, quella che rispunta, spesso inattesa, in situazioni diverse. “Quando ai concerti, tra una band e l’altra, sento dire dallo speaker di “non spaventarsi per scoppi o rumori forti”, mi arrabbio: tutto questo non sarebbe mai accaduto se qualcosa quella sera in piazza San Carlo, non fosse andato storto”.