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Percorsi divergenti, cento mani per sostenere ragazzi con troppi ostacoli

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Tra il 2024 e il 2025, Percorsi divergenti ha toccato la vita di oltre cento famiglie nei quartieri Aurora e Barriera di Milano, Ben il 96% di queste famiglie hanno un background di migrazione. Dietro questo numero c’è una realtà concreta: crescere un figlio neurodivergente – cioè con differenze nel funzionamento del cervello, come l’autismo, che influenzano comunicazione, apprendimento e relazioni – è già complesso. Ma quando a questo si aggiungono barriere linguistiche, culturali e sociali, orientarsi tra scuole, centri estivi e servizi diventa quasi impossibile.

Ecco perché “Percorsi divergenti: prossimità, autismo, comunità” non è solo un progetto, ma un vero tessuto di relazioni. La mattinata di martedì 9 dicembre, alla biblioteca civica centrale, ha fornito un momento di confronto sui risultati del progetto promosso da Fondazione di Comunità Porta Palazzo insieme, tra i tanti, a Educadora Onlus, Zhisong Aps, gruppo Asperger Piemonte Aps, ANGSA Torino OdV e Sumisura Aps. Grazie ai fondi erogati dal ministero per la Disabilità, e al supporto della città di Torino e della Regione, il progetto è nato per costruire spazi in cui le famiglie possano sentirsi accolte, ascoltate e accompagnate. La comunità diventa così il cuore pulsante del progetto: un luogo dove nessuno resta solo, dove ci si incontra, si scambiano esperienze e si costruisce insieme supporto concreto.

Molti genitori non avevano mai ricevuto indicazioni chiare: come riconoscere i segnali dell’autismo, quali passi fare, a chi rivolgersi. Per questo è stato creato un qr code tradotto in nove lingue e aggiornato continuamente, pensato per rispondere alla domanda che li accomuna tutti: “Mio figlio potrebbe essere autistico… e ora cosa faccio?” Ma più che uno strumento, è un simbolo: il qr code è la porta verso una rete di comunità pronta a sostenere le famiglie. Il progetto valorizza l’intersezionalità, cioè l’intreccio tra più identità – essere madre, migrante, con un figlio neurodivergente – che creano bisogni specifici e rischi di esclusione. Guardare a questi intrecci significa non lasciare nessuno indietro, riconoscere la complessità delle esperienze e rispondere con cura.

La comunità prende forma nei gesti concreti: nei gruppi di auto mutuo aiuto del Cecchi Point, decine di madri trovano ascolto, confronto e sostegno. “La società ci lascia sole, qui no. Nessuno ci giudica ed è un’opportunità per ricevere supporto, anche psicologico”, racconta una mamma. Nei centri estivi, come quelli di Educadora Onlus, bambini e ragazzi autistici partecipano grazie a un ripensamento totale che va dalla presenza di operatori dedicati al singolo alla creazione di una quiet room. 

Tutto questo è stato possibile anche grazie al lavoro delle mediatrici culturali. Gu Ailian, intermediaria della comunità cinese, racconta di un sedicenne che non usciva di casa da tre anni: oggi frequenta un centro diurno grazie all’accompagnamento costante con la madre. Bajare Orozco Rosalie, operatrice filippina, ricorda una bambina di undici anni che, inizialmente timida e isolata, ha partecipato per la prima volta alle attività estive e ha concluso ballando alla festa finale. Ogni incontro racconta la neurodivergenza non come una questione medica, ma sociale. Un’opportunità per indossare tante lenti e guardare la realtà con diversi punti di vista. Un rapporto di fiducia che trova la sua forza non solo nell’accoglienza delle famiglie, ma nell’ascolto di queste. Per la creazione di nuovi orizzonti e significati condivisi.

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