C’è un doppio filo che collega giornalismo e letteratura, scrittori e giornalisti. “Esiste dall’inizio del 1700, quando giornalismo, letteratura e viaggi erano i lati di uno strano triangolo equilatero con due vertici: la tensione etica e la spinta verso il mondo estetico” dice l’italianista e critica letteraria Chiara Fenoglio al Salone del Libro.
Piovene, Arpino e Soldati sono solo alcuni degli scrittori prestati al giornale. “Scrittori in seimila caratteri”, come li definisce Alessandro Perissinotto. “Con gli scrittori il giornalismo esce dalla regola delle 5W” spiega “entra nella soggettività, da non confondere con la parzialità”. Collegare esperienze, immagini, letture e fare in modo che i fatti assumano lo spessore che nei romanzi si dà ai personaggi. Interpretare la cronaca dandole profondità psicologica, come è successo sui quotidiani in occasione dei recenti attentati terroristici in Francia. Questo è il contributo che lo scrittore può dare al giornalismo.
Ma senza confondere i ruoli. “Giornalisti e scrittori sono distinti e devono rimanere tali” sostiene il rettore dell’Università di Torino, Gianmaria Ajani. In quanto artista, lo scrittore non ha vincoli etici. Il suo compito è la trasformazione della realtà. L’etica del giornalista invece impone l’adesione alla realtà e la rappresentazione del vero. Due imperativi da conservare anche oggi, in quella che Ajani definisce “l’epoca delle fast news”. “Se Facebook è una redazione, i redattori sono degli algoritmi” osserva il rettore “e il passo successivo sarà il giornalista robot”. Le esigenze temporali hanno trasformato la carta nel vecchio settimanale, con il compito di approfondire la notizia. “Possiamo immaginare un futuro di notizie veloci e robotizzate” conclude Ajani “ma il commento, l’analisi e l’interpretazione resteranno affidate ai giornalisti”.
La velocità pone anche un problema linguistico, come evidenzia Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca: “bisogna proiettare il giornalismo nel quadro dell’evoluzione della lingua. Gli scrittori giornalisti del passato hanno realizzato una semplificazione dell’italiano ma difficilmente oggi il modello di un italiano standard verrà da uno scrittore. La nuova lingua passa attraverso il giornalismo”. Una responsabilità importante, che esige professionismo in un momento in cui Internet dice che il professionista è morto, sostituito dal dilettante; in un settore in crisi e in un Paese in cui i lettori del giornale sono deboli.
È in questa direzione che lavorano i presidenti degli Ordini Regionali dei Giornalisti. “Il futuro del giornalismo si gioca tra le profezie sulla sua morte e la professionalità garantita dall’Ordine” osserva Paola Spadari, presidente dell’Odg del Lazio, “dobbiamo adeguarci ai tempi e alle nuove forme di giornalismo altrimenti saremo governati da un algoritmo”. Una sfida a cui partecipa anche l’Odg del Piemonte, con il presidente Alberto Sinigaglia: “siamo tecnicamente preparati ed emotivamente forti per riparare le parole”.