Paolo Rumiz si è fermato. Per ora non ha in programma altri viaggi e per un po’ non usciranno i suoi famosi reportage.
Paolo Rumiz però continua a incantare con i suoi racconti il pubblico e i suoi nipotini: “Amo raccontare loro le mie storie di viaggio prima quando riesco a vederli. Ormai sento il bisogno di raccontare a qualcuno quello che ho visto, a voce. Quale miglior pubblico dei bambini?”.
Al Salone del libro di Torino per un panel sull’illusione del mondo senza confini, il celebre giornalista e scrittore ha fatto una panoramica della difficile situazione politica che l’Europa sta vivendo in questi anni, partendo dal racconto dell’Europa che non c’è più.
“Mia nonna materna nella sua vita ha cambiato sei volte bandiera, senza mai muoversi da Trieste. Un tempo esisteva un’Europa in cui le persone cambiavano nazionalità senza nemmeno accorgersene” ha raccontato Rumiz, triestino a cui non hanno cambiato il cognome, mentre “molte famiglie sono state trasformate: a fratelli, sorelle e cugini sono state cambiate le generalità in periodi diversi, subendo l’italianizzazione del cognome se suonava troppo slavo”.
Nel Vecchio Continente c’erano le frontiere, le lunghe pratiche burocratiche per spostare persone e merci, ma l’unione dei popoli c’era già, nella diversità.
Attraverso i racconti della tragedia della Prima Guerra Mondiale, Rumiz ha portato l’attenzione del pubblico sulla tragedia che si consuma oggi nella disunione europea. “Il Kaiser Francesco Giuseppe, vedendo le folle di soldati in partenza per il fronte, chiese al suo attendente dove stessero andando. Aveva appena firmato la dichiarazione di guerra e si augurava che non ci fossero spargimenti di sangue”.
Nell’epoca delle dogane e dei timbri sul passaporto, la frontiera rappresentava uno stimolo per viaggiare, per incontrare altre culture e altri popoli, per conoscere. Oggi, nell’Europa della moneta unica e delle regole uguali per tutti, il ricordo della Prima Guerra Mondiale è ignorato dai cittadini e strumentalizzato dai singoli Paesi. Le persone non si conoscono più, non ci sono più differenze e le decisioni politiche, secondo Rumiz, sono sempre più lontane dalla realtà delle cose: “Oggi viviamo uno stato di totale assenza della politica verso l’Europa. Devo confessare che ho un po’ di paura per cosa sta per succedere. I nostri politici non sembrano molto diversi, come consapevolezza, da Francesco Giuseppe”.
Abbiamo chiesto a Paolo Rumiz quali sono il suo libro dei vent’anni, quello della vita e quello del 2017.
Le sue scelte:
- “Moby Dick” di Herman Melville
- “La polvere del mondo” di Nicolas Bouvier
- “La Guerra Giudaica” di Giuseppe Flavio