L’Arena Bookstock è piena di giovani. Uno scroscio di applausi inonda il Padiglione 2. Paolo e Claudia srotolano il telo giallo che recita “Verità per Giulio Regeni”. Con loro Alessandra Ballerini, Legale della famiglia, e Marino Sinibaldi, giornalista che modera l’incontro.
Ed è come se fossero tutti con loro a tendere il telo, a mostrarlo fieri. A testimoniare quanto sia importante continuare a parlare di Giulio e della sua morte. Ucciso da chi? In nome di chi?
“Ci fa molto piacere la vostra presenza, siamo stati di passaggio a Torino molte volte” dice Claudio Regeni. Ringrazia coloro che fino ad oggi si sono impegnati in questa vicenda, che non li hanno mai fatti sentire soli. “Non tutti ne sono stati capaci, sicuramente non l’Università di Cambridge” esclama Paola. I filtri non le piacciono, si vede. Parla del ruolo dei social network, che di filtri ne hanno pochi, e sono “Una potenza se utilizzati ai fini di aiuto e solidarietà”. Si dice fiduciosa nella stampa – quella buona – che vuole trovare verità e giustizia.
“Mi rivolgo ai più giovani, che sono abituati alle informazioni mordi e fuggi: quella di Giulio è una tragedia, e come tale va rispettata. Colgo l’occasione per fare un appello alla stampa: vi chiedo di continuare a seguirci, senza però cercare a tutti i costi le notizie eclatanti, gli scoop, le rivelazioni. Se il vostro scopo è trovare la verità, perché non venite prima da noi?”. Paola è arrabbiata e se la prende anche con cantanti e scrittori: “Non abbiamo bisogno di canzoni in nome di Giulio, non vogliamo libri scritti facendo copia e incolla da Internet: queste cose non ci servono”. Poi, mostra al pubblico una sorpresa: dalla borsa di tessuto gialla tira fuori alcuni libri appartenuti a suo figlio. “La cosa più dolorosa è andare in camera sua e sfogliarli. Capisco quanto sia importante la lettura, sono una volontaria di Nati per leggere, e mi sembrava giusto portare qualche libro dato che siamo qui al Salone”.
Il primo è Topolino, fondamentale per un bambino che ha voglia di imparare e di approfondire.
Seguono “Il Dio delle piccole cose” di Arundhati Roy, “La scomparsa dell’Italia industriale” di Luciano Gallino, “Siddharta” di Hermann Hesse, “Lettere Luterane” di Pasolini, “Martin Muma” di Ligio Zanini. Gli piaceva molto leggere “Doris Lessing”. E infine, “201 Arabic verbs” di Scheindlin, che segnala la fatica del percorso di Giulio in Egitto. Era arrivato con questo curriculum internazionale, dopo tanto impegno e tanto studio, ma “Tutto questo studio purtroppo l’ha portato alla morte”.
È il turno di Alessandra Ballerini. Ripercorre la storia di Giulio, a partire dal giorno del rapimento, il 25 gennaio 2016. Riassume in pochi minuti tutti i depistaggi, da quando venne ritrovato il corpo di Giulio nudo dalla vita in giù e venne accusato di essere un omosessuale, a quando dissero che si trattava di un incidente stradale. Per non parlare dei cinque innocenti uccisi a sangue freddo al posto dei veri colpevoli: “È una storia terribile perché è una storia di silenzi – dice Ballerini – Alcune persone stanno iniziando a parlare e ci stiamo faticosamente avvicinando alla verità. Finora è stato solo il corpo di Giulio a parlare”.
Poi si rivolge al pubblico in sala: “Siete diventati sempre più numerosi e sempre più arrabbiati, come noi. Perché questa verità non viene fuori e ne chiediamo conto alle nostre Istituzioni. L’Ambasciatore deve essere richiamato assolutamente, perché è intollerabile che sia là”. Durante l’incontro viene presentato anche un estratto del docufilm “Nove giorni al Cairo” di Carlo Bonini e Giuliano Fascini che ricostruisce in cinquantadue minuti gli ultimi giorni di vita di Giulio, dal rapimento al momento in cui il suo corpo venne ritrovato sul ciglio della strada per Alessandria d’Egitto.
“Continueremo a cercare la giustizia fino a quando serve” conclude Paolo Regeni. Il tempo dell’incontro è finito. Ci sono degli occhi lucidi, in sala. E quando Sinibaldi ringrazia i Regeni, si confonde: “Grazie Paola, grazie Giulio”. Un errore perdonabile, in fondo.
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Video di FEDERICO CASANOVA