Il costituzionalista Francesco Pallante, docente all’Università di Torino e autore, per Einaudi, del recentissimo Spezzare l’Italia, ai nostri microfoni si è espresso sugli ultimi eventi che hanno coinvolto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, attaccato dalla Lega per il suo richiamo al legame tra l’Italia e l’Europa.
Qui di seguito il testo dell’intervista radiofonica.
La polemica contro il capo dello Stato sollevata ieri da Borghi e rilanciata da Salvini ha ignorato il richiamo di Mattarella all’articolo 11. La prima domanda è: la limitazione di sovranità è insuperabile?
“L’articolo 11 prevede che l’Italia possa partecipare a organizzazioni internazionali come è il caso dell’Unione europea, limitando la propria sovranità e quindi attribuendo a queste organizzazioni internazionali compiti che altrimenti dovrebbe svolgere l’Italia stessa. Era stato pensato, questo articolo, per consentire la partecipazione dell’Italia alle Nazioni Unite, è stato poi usato anche per dare copertura alla partecipazione dell’Italia all’Unione Europea e incontra un unico limite, cioè il fatto che le organizzazioni internazionali non devono prendere delle decisioni che vadano contro i principi fondamentali della Costituzione stessa, che sono immodificabili e quindi non possono essere modificati né da norme interne, né da norme esterne. Ma è evidente che questo è molto complicato che avvenga perché se queste organizzazioni internazionali sono finalizzate a realizzare gli scopi della Costituzione, come nel caso dell’Unione europea, è evidente che si muove all’interno di un patrimonio giuridico e culturale politico che è consono con la Costituzione stessa. Quindi diciamo è un’ipotesi che in effetti non si è mai verificata ed è più teorica che concreta. In tutti gli altri ambiti le cessioni di sovranità che l’Italia fa a favore di queste organizzazioni internazionali sono pienamente compatibili, anzi sono richieste dal quadro costituzionale”.
Si parla tanto della riforma del premierato, ma si parla poco di autonomia…
“Sì, qui c’è un’altra grande questione, l’autonomia regionale differenziata , cioè la possibilità che le regioni possono chiedere ulteriori competenze e quindi ricevere competenze che attualmente sono esercitati dello Stato. È una questione estremamente complessa e forse per questo se ne parla poco, ma è suscettibile di ridefinire completamente gli assetti di potere che ci sono oggi all’interno dell’ordinamento costituzionale italiano: le regioni potrebbero avere competenze in materie di enorme importanza, i diritti costituzionali più importanti, la salute, più di quanto già fanno, l’istruzione, la giustizia erogata dai giudici di pace, poi anche il governo del territorio, rifiuti, ambiente, le acque interne potrebbero diventare regionali, cioè i laghi e fiumi, tutta l’attività di sostegno alle imprese… Insomma, davvero enormi ambiti di competenze che potrebbero diventare regionali, ridefinendo completamente la configurazione dei poteri pubblici interni, con in più il fatto che le regioni che ottengono queste competenze, ottengono anche l’acquisizione a loro favore di risorse ulteriori. E poiché è previsto che tutta l’operazione avvenga a finanza invariata, se queste regioni ottengono di più, le altre regioni otterranno di meno. Dunque c’è anche il rischio di enormi squilibri ulteriori che si vadano ad aggiungere alle già enormi disuguaglianze che ci sono tra le regioni italiane.
Non dimentichiamo che che sono italiane alcune delle regioni più ricche d’Europa e alcune delle regioni più povere d’Europa: non c’è nessun Paese europeo che abbia un divario così grande al proprio interno”.
Sul quotidiano la Repubblica, la figura istituzionale rappresentata da Mattarella viene descritta come tutto ciò che è contrario alla riforma del premierato: il presidente rappresenta, insomma, tutti quei valori che la riforma del premierato trova nemici…
“L’obiettivo del premierato, come dice l’espressione stessa, è avere un solo punto di riferimento nel presidente del Consiglio dei Ministri che diventerebbe appunto il premier. Tutto dovrebbe essere incentrato nelle sue mani, dalla nascita delle istituzioni perché si voterebbe per lui e il Parlamento sarebbe costituito, di conseguenza, sulla base di chi vince la carica di presidente del Consiglio e anche poi tutto l’esercizio delle funzioni: si vuole far sì che sia l’unico soggetto realmente al comando, una donna o un uomo solo al comando. Quindi è evidente che un’altra figura come quella del presidente della Repubblica, che oggi è un punto di equilibrio fondamentale per il sistema costituzionale complessivo, dovrebbe, assolutamente, non venire meno perché rimarrebbe formalmente, ma perdere i suoi poteri fondamentali. E diventare una figura meramente “ornamentale” rispetto a ciò che invece verrebbe a fare il Presidente del Consiglio eletto direttamente dagli italiani.
È un grave rischio questo, perché tutti i sistemi costituzionali si reggono sull’equilibrio dei poteri. Ci deve essere una pluralità di poteri, ognuno dei quali con una porzione di influenza sul assetto complessivo del sistema costituzionale. E invece qua si squilibra tutto, quindi si esce dal modello del costituzionalismo, che è limitazione, separazione e equilibrio, e si crea una sorta di autocrate elettivo. La democrazia si riduce al momento elettorale una volta ogni cinque anni.
Da quel momento in poi c’è davvero un autocrate che comanda e fa tutto quello che vuole. Questo non è ciò che prescrive il costituzionalismo e non c’è in nessun paese al mondo. In nessun paese democratico, naturalmente”.
La sovranità europea un po’ supporta questo equilibrio, quindi andare ad attaccare le parole di Mattarella sulla sovranità europea non è soltanto una volontà di creare, come dice lei, uno squilibrio nazionale, ma anche uno squilibrio internazionale.
“Sì, certamente. L’Europa è un fattore di ulteriore complessità, ma nel senso di costruzione di maggiore equilibrio tra livelli: quello europeo, quello statale, quello regionale, che in se non è male, ma lo diventa, se diventa, appunto, prevalente. Il tentativo qui, diciamo, di attaccare il Presidente della Repubblica, nel momento in cui egli si fa espressione di questo ulteriore elemento di equilibrio, significa ricadere esattamente in quello che dicevamo prima, di concentrare i poteri, anziché distribuirli.
È chiaro che oggi l’Europa è di fronte a una situazione estremamente pericolosa. Queste versioni europee saranno decisive, probabilmente, sugli assetti complessivi dell’Europa, perché, diciamo, si affacciano forze politiche con possibilità di avere un ruolo molto importante nei futuri equilibri del Parlamento europeo, che non fanno parte delle tradizioni culturali che hanno costruito l’Europa. Questo è il rischio che noi abbiamo di fronte.
In un contesto più generale, a mio parere, ulteriormente è reso pericoloso, dal fatto che anche le forze politiche che hanno dato vita all’Europa, quelle socialiste, popolari più tradizionali nel quadro europeo, stentano oggi a mantenere la barra ferma sul valore di riferimento dell’Europa stessa, intorno a cui è stata costruita l’Europa, che è quello della pace. Oggi il fatto che l’Europa non abbia una capacità di avere un’iniziativa di pace, una guerra che c’è sul suo Continente, è che, diciamo, subisca l’agenda dettata da altre organizzazioni internazionali o da altri stati, è un grave elemento di debolezza che può favorire uno scivolamento come quello che dicevamo prima. Dunque, davvero, queste elezioni europee, diciamo, saranno decisive per gli equilibri dell’Europa”.
Su quest’episodio la sinistra condanna, Tajani di Forza Italia si discosta, la premier Meloni resta in silenzio, dunque resta soltanto la Lega in prima linea. L’attacco a Mattarella è una mossa per trasformare il voto europeo in un referendum sovranista?
Sicuramente la Lega è un partito che incontra delle difficoltà. Ha avuto una fase di grande ascesa negli ultimi anni, poi ha subito la concorrenza sul suo stesso terreno da parte di Fratelli d’Italia e una parte dei suoi consensi sono passati al partito della presidente del Consiglio. Oggi sì, il tentativo di drammatizzare, di individuare un obiettivo, di personalizzare, anche in maniera polemica contro il presidente della Repubblica, questa campagna elettorale è un tentativo di semplificazione che sicuramente ruota intorno alla concezione dei rapporti tra l’Italia e l’Europa.
Rimane il fatto che la partecipazione dell’Italia all’Unione europea è stata decisa, non è messa in discussione da nessuno e fin che c’è questa partecipazione, il diritto dell’Unione europea ha il primato sul diritto interno con i limiti che dicevamo prima. Salvo, l’ipotesi di scuola, che non si è mai verificata, che l’Unione europea prenda decisioni contro i principi fondamentali dalla Costituzione, il diritto dell’Unione Europea prevale. Quindi questa è anche una battaglia che forse può dare dei risultati dal punto di vista elettorale, ma dal punto di vista giuridico e politico più generale non ha reali spazi di manovra. Ecco, allora che chi dice ‘noi andremo in Europa per costruire meno Europa’ sta dicendo una cosa che non può fare”.
Considerato dunque questo scenario e le elezioni alle porte, la posizione delle destre come esce da questo episodio?
“A me pare che ci siano grandi tensioni dentro la destra. Noi la vediamo compatta, perché c’è l’esigenza di stare al governo e le destre hanno ampi numeri in parlamento, grazie a una legge elettorale che ha distorto in maniera gravissima la volontà degli elettori. Ma al di là di questa apparenza, c’è un forte contrasto dentro le forze della destra stessa. Quindi mi sembra che siano anche in parte queste schermaglie dei tentativi di prendere posizione nei confronti dei supposti alleati. Anche tra il premierato, che vuole più Fratelli d’Italia, e l’autonomia regionale diffenziata, che vuole di più la Lega, le contraddizioni sono evidenti. Mi sembra quindi che siano tentativi, da parte della Lega, di recuperare una parte dei voti che aveva perso spostandosi ulteriormente a destra e facendo concorrenza a destra a un partito che già di per sé è fortemente radicato a destra, come Fratelli d’Italia”.