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Palermo e Torino: connessioni fotografiche alla Fondazione Merz

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“E siamo uguali da Milano a Bari nonostante Umberto”, lo cantavano gli Articolo 31 vent’anni fa di questi tempi, quando usciva “Gente che spera”. La storia d’Italia, ancora prima della breccia di Porta Pia, è una storia di nord e sud, di migrazioni e contaminazioni, di Milano e Bari, di Genova e Napoli, di Torino e Milano.

La foto numero 20, che si incontra per prima sul muro alla destra dell’ingresso, si intitola “Emigranti alla stazione”, l’ha scattata Enzo Sellerio nel 1960. Tra i bambini annoiati sui bagagli, l’adulto che li controlla e la donna che tiene su un braccio la borsa e sull’altro suo figlio, spunta un cartello che indica la destinazione; sotto, stampato sul treno, “OFF. TORINO”, il timbro della terra promessa. Questa è Palermo Mon Amour, la mostra collettiva della Fondazione Merz, realizzata in collaborazione con il Centro Internazionale di Fotografia Letizia Battaglia, a cura di Valentino Greco.

Una città, Palermo, in cui hanno sedimentato millenarie culture, viene raccontata negli spazi di via Limone 24 a Torino, attraverso gli obiettivi di Enzo Sellerio, Letizia Battaglia, Franco Zecchin, Fabio Sgroi e Lia Pasqualino. Un itinerario che inizia nella cordialità e nell’atmosfera quasi favolistica degli anni ‘50 e ‘60 per poi sfociare nella tensione che dagli anni ‘70 fa piombare Palermo nella più sfrontata violenza. Di fondo lo spazio dedicato alla rinascita civile nel piccolo, nel grande e nel quotidiano, fino al 1992.

Accanto alle foto di chi parte per il nord, trovano spazio quelle dei funerali di Peppino Impastato, della bambina alla festa dell’Unità, del lunedì dell’Angelo al parco della Favorita, delle trattorie, degli omicidi e dei giochi. Uno spaccato che include il punk, le manifestazioni studentesche, la mafia, la vita politica, gli ultimi, gli argini, le contraddizioni, la normalità.

Palermo Mon Amour è una citazione del romanzo Hiroshima Mon Amour, di Marguerite Duras, che a Torino è anche un’associazione culturale, un posto dove si incontrano arte, musica, giovani e meno giovani. Letizia Battaglia, scomparsa appena un anno fa, diceva: “È come se Palermo nel suo disordine fosse un input etico, morale, per chi vive fuori. Suscita rabbia e amore e fa venire voglia di intervenire”, e sembra essere proprio questo il senso del racconto di Palermo a Torino, l’incastro nonostante i 1600 km di distanza. La Fondazione Merz ha da anni costruito un ponte fino alla Sicilia. Dopo aver vinto il bando indetto nel 2020, la torinese Fondazione Merz ha annesso l’ex spazio industriale ZAC, per Zisa – Zona Arti Contemporanee di Palermo, con l’intento di dare più spazio al coacervo di di idee che prendono vita in mezzo al Mediterraneo, sfruttando il palco naturale che rappresenta l’isola.

Sono oltre ottanta le fotografie provenienti dagli archivi dei cinque autori coinvolti che unite ad un display che propone immagini in movimento ricostruiscono una città tra “scompiglio e deflagrazione”. “La fotografia è un dispositivo necessario per sperimentare un linguaggio che possa raccontare cosa accade in una città, che cosa sia una città”, spiega Valentina Greco. “Scattare una fotografia significa partecipare alla felicità, alla fragilità, alla quotidianità, alla eccezionalità, alla ferocia, all’ipocrisia, all’affabulazione, alla ricchezza, alla miseria, alla meraviglia delle situazioni collettive sia pubbliche che private. Le fotografie svelano l’implacabile decostruzione del tempo, e rivelano che tra due situazioni c’è lo scompiglio, la deflagrazione.”

La mostra, realizzata con il sostegno di Regione Piemonte e con il patrocinio di Città di Palermo, è stata inaugurata il 17 aprile e sarà visitabile fino al 24 settembre 2023.

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