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Il paesaggio dell’Egitto: tra realtà e immaginario

Dal 13 giugno al 12 settembre, alle Gallerie d’Italia, verrà ospitata “Paesaggi – Landscape”, un’installazione immersiva curata dall’egittologo Enrico Ferraris, che porterà i visitatori attraverso i paesaggi dell’Egitto. Si tratta di un progetto che vuole accompagnare la città di Torino verso una delle ricorrenze più importanti per il capoluogo piemontese e per tutto il territorio italiano: i duecento anni del Museo Egizio.

All’interno delle Gallerie d’Italia, ogni mattina verrà proiettato un video che trasporterà i visitatori in quello che è l’Egitto contemporaneo, per poi tornare indietro nel tempo. Il filmato è un’anticipazione di “Egitto immersivo”, uno spazio di 1000 metri quadrati realizzato in collaborazione con l’Istituto nazionale della tecnologia che verrà ospitato dal Museo Egizio a partire dal 2025. Una nuova modalità di fruizione, che mette al centro il movimento, e che spera di attirare anche i visitatori più giovani.

Al centro dell’iniziativa ospitata dalle Gallerie d’Italia c’è il rapporto tra paesaggio reale e luogo immaginario nella ricerca archeologica e nella rappresentazione museale. L’idea di un progetto che collegasse la collezione al paesaggio è nata 10 anni fa. “Io e l’allora sovrintendente Egle Micheletto ci siamo interrogati su come il Museo Egizio potesse uscire dall’essere una collezione extraterritoriale per diventare un museo archeologico – ha raccontato Cristian Greco, direttore del museo –. Per fare questo, si doveva mettere il paesaggio al centro, ricollegandosi alla museologia italiana. Ma l’Egitto che raccontiamo nel nostro museo è esistito veramente o è un paesaggio che è entrato nella nostra memoria culturale? Il nostro paesaggio di riferimento è a migliaia di chilometri di distanza: come legare gli oggetti a un luogo così lontano? E come si può fare una narrazione che faccia percepire il paesaggio del tempo? Da queste domande è nato un sogno”.

Dalle immagini in presa diretta fatte con i droni lungo le campagne egiziane realizzate da Robin Studio, alla rappresentazione visiva di ricerche e riflessioni di vari archeologi, alla connessione tra i vari periodi storici: i visitatori entrano in quello che potrebbe essere il flusso di coscienza del museo e vengono trasportati indietro nel tempo, in una riflessione sulla natura del paesaggio. “Ci siamo interrogati su due quesiti fondamentali: ‘Cosa manca al museo dopo 200 anni?’ (e la risposta è l’Egitto) e ‘Il museo è un luogo di conservazione o di distruzione?’. In questo caso, un po’ entrambe le cose sono vere – ha proseguito Greco –. I musei europei comprarono delle collezioni che venivano private del luogo di appartenenza, uccidendo quasi la biografia dell’oggetto. E allora ci siamo domandati su come riportare l’Egitto a Torino”.
Gli obiettivi sono due: costruire un giardino, portando fisicamente la flora dell’antico Egitto a Torino e ricostruendo in maniera digitale il paesaggio. “È qualcosa di innovativo: il museo non sarà più composto solo da cose inanimate. Finalmente avremo un curatore dei giardini. E poi la ricostruzione digitale del paesaggio darà la possibilità di riflettere su cosa sia il paesaggio, ovvero il palinsesto in cui l’elemento antropico ha sempre operato e da cui derivano i frammenti di memoria, ovvero gli oggetti. La dinamicità delle immagini fa capire che non esiste il paesaggio statico, non esiste l’antico Egitto. È una costruzione culturale fatta all’interno dei musei”, ha proseguito Greco.

“Stiamo sfidando quella che è la rappresentazione tradizionale di un Egitto eterno, immutabile, lontano nel tempo e nello spazio, che è un’eredita del nostro passato coloniale – ha raccontato Enrico Ferraris, curatore del video proiettato nelle Gallerie d’Italia –. Il territorio di partenza ha un clima, delle risorse, dei minerali e delle popolazioni. Sono tutti fattori che contribuiscono a creare fisionomia di una cultura. Siamo di fronte a culture di cui curiamo la tradizione, ma abbiamo un limite: siamo lontani temporalmente. Quindi dobbiamo procedere a interpretazioni e setacciare gli elementi che possiamo definire come ‘paesaggi’, che possono essere naturalistici, sonori o linguistici. In più, questi elementi nel tempo cambiano. Ma noi lavoriamo nel mondo contemporaneo, e quindi dobbiamo indagare, setacciare e anche interpretare. 

L’iniziativa rientra nell’ambito di un accordo triennale tra la fondazione Museo delle antichità egizie e Intesa Sanpaolo, che sostiene il progetto di trasformazione di riallestimento e rinnovamento della Galleria dei Re, in occasione del bicentenario del museo, che rimarrà chiuso per tre settimane, dal 17 giugno al 12 luglio. “Questa volta riusciamo a fare miracoli: chiudiamo per tre settimane, trasformando il museo. Abbiamo scelto il periodo di più bassa stagione. In genere, a giugno abbiamo un crollo delle visite che riprendono a metà luglio e ad agosto. E grazie a Gallerie d’Italia siamo chiusi, ma non lo siamo del tutto”, ha commentato Michele Coppola, executive director di Arte, cultura e beni storici e direttore generale di Gallerie d’Italia.