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Androidi e mostri marini, agli Oscar l’amore non è più soltanto umano

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Se consideriamo il cinema uno specchio che riflette i nostri pensieri inconsapevoli, potremmo chiederci come mai tra le tante storie d’amore dei film premiati agli Oscar, poche sono quelle felici e, di queste, nessuna è tra esseri umani. È come se fossimo convinti che un sentimento autentico ed eterno possa nascere soltanto tra entità che non ci somigliano. Non è umano il mostro marino della Forma dell’Acqua, la pellicola di Guillermo Del Toro premiata come miglior film, eppure il suo amore con una timida addetta delle pulizie durerà in eterno. Blade Runner 2049 si spinge ancora oltre. Nel 1982, il prequel di Ridley Scott suggeriva che un uomo potesse innamorarsi di un replicante, a dimostrazione del fatto che gli androidi fossero “più umani dell’umano”. Nel sequel di Denis Villeneuve è assolutamente scontato che dal processore di un’IA possa nascere ogni tipo di sentimento. Questa volta l’essere umano non è un elemento del gioco: l’amore tra un robot e un ologramma è meno complicato di quello (tra persone) di Chiamami col tuo nome.

Per certi versi i risvolti amari del film di Luca Guadagnino accolgono una tendenza sempre più evidente nei prodotti mainstream: “Il cinema popolare – spiega Mauro Di Donato, docente di Analisi del film alla Sapienza – si muove lungo traiettorie in direzione dell’inconcludenza e del fallimento, che prima appartenevano al campo dello sperimentalismo”. Il lieto fine piace ancora a un certo tipo di pubblico, ma non è più una regola aurea come nei classici hollywoodiani: “L’happy ending è appagante, ristoratore – spiega Maria Paola Pierini, docente al DAMS – ma a volte è rifiutato dallo spettatore”, che lo considera poco credibile. Nella Forma dell’Acqua, invece, “si mette in moto un processo di recessione anche nello spettatore consapevole e disincantato – continua Pierini – perché il lieto fine è accettabile nella costruzione della favola”.

Le implicazioni culturali di questo tipo di narrazione sono profonde: “L’amore tra umano e non umano, o tra post-umani – spiega Di Donato – mette in discussione la separazione tra i generi femminile e maschile”. Gabriele Niola, che scrive di cinema per BadTaste e MyMovies, sottolinea come Guillermo Del Toro “abbia voluto fare un discorso sugli emarginati”. Nel film infatti compaiono gay e persone di colore: “Il pubblico di queste storie – continua Niola – è generalmente molto tollerante, ma Del Toro insiste molto sul tema della diversità con una scena di sesso tra il mostro e la donna protagonista”.

Postumani sono anche gli amanti di Blade Runner 2049. Nel suo film, Villeneuve si confronta con i temi dell’IA e della robotica. Nella Terra del futuro non mancano gli uomini, ma le entità artificiali sono la parte più sentimentale del film: “Da quando abbiamo cominciato a utilizzare i telefonini per mantenere i rapporti, lasciarci o rimorchiare – spiega Niola – la tecnologia è diventata una componente importante della nostra vita emotiva”.

Quindi tutto normale se quello tra l’agente K e Joy non solo è un rapporto d’amore, ma perfino una relazione ideale che inverte la componente pessimistica della fantascienza. “Spostare la natura dell’essere in direzione dell’artificiale e del meccanico – spiega Di Donato – può significare una messa in discussione dell’essere umano in quanto tale”. Così, se in Terminator le macchine hanno dichiarato guerra agli uomini e hanno raso al suolo la civiltà, oggi sembrano essere una proiezione del nostro lato migliore. Gli esseri tecnologici non sono solo più intelligenti, grazie alla potenza di calcolo dei processori, ma anche più emotivi, mentre gli amori tra robot sono diventati amori ideali, proprio come quelli che l’uomo ha teorizzato al cinema o in letteratura ma raramente è riuscito a realizzare nella realtà.

GIUSEPPE GIORDANO