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Ordine dei medici, è boom di iscritti per il primo corso sull’eutanasia

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Trecento richieste di iscrizione e 250 posti disponibili. Il corso di aggiornamento “Eutanasia legale in Europa: aspetti clinici e normativi” organizzato dall’Ordine dei medici di Torino ha avuto un successo tale che domani, sabato 20 gennaio, cinquanta persone dovranno rassegnarsi a rimanere fuori dalla sala conferenze di Villa Raby (corso Francia 8). Il primo corso in Italia sul tema con riconoscimento di crediti formativi vedrà impegnati tra gli altri il medico olandese Rob Jonquiere e lo svizzero Jerome Albert Sobel, che parleranno del suicidio assistito nei rispettivi Paesi.

Tra i promotori dell’iniziativa Silvio Viale, medico radicale e presidente del comitato etico-scientifico di Exit, associazione che da vent’anni alimenta il dibattito sull’eutanasia in Italia.”Era da un po’ di tempo che volevo proporre questo corso – spiega – Si sarebbe dovuto svolgere nella primavera 2017, ma per una serie di motivi è slittato. Spero sia solo il primo di tanti”. La conferenza approfondierà anche la nuova legge sul biotestamento, approvata in coda all’ultima legislatura e da tre giorni pubblicata in Gazzetta Ufficiale. “Durante la parte introduttiva mostrerò una cartina dell’Europa con i Paesi colorati a seconda della loro situazione normativa – prosegue Viale – Con la nuova legge l’Italia passa dal blu all’azzurro, anche se la strada per raggiungere il rosso della Svizzera, dove l’eutanasia è legale dal 1942, o dell’Olanda (2002) è ancora lunga”.

Il tema del fine vita continua però a far discutere. Nei giorni scorsi l’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia aveva definito il corso approvato dall’Ordine professionale torinese un'”iniziativa strumentale”, sottolineando come l’eutanasia non sia riconosciuta dalla normativa italiana. Silvio Viale prova a mettere da parte le polemiche: “È vero, Nosiglia ha sbottato: però le sue parole non sono poi così dure, anche perché lo stesso mondo cattolico è diviso – ammette l’esponente dei radicali – Il corso non è una forzatura, ma ha una finalità conoscitiva: per esempio alcuni medici italiani potrebbero andare a lavorare in Svizzera e hanno quindi necessità di sapere come comportarsi. Spero prevalga la curiosità, poi ognuno si tenga la sua opinione”.

Nel fitto programma della mattinata c’è anche una parte sulla sedazione palliativa in Italia con il dottor Pier Paolo Donadio. “Si tratta di una procedura simile all’eutanasia che si usa per i casi terminali come successo di recente con Marina Ripa di Meana: è riconosciuta dalla legge ed è già ampiamente diffusa nel nostro Paese – puntualizza Viale – Il codice deontologico prevede che ci si possa rifiutare di somministrare farmaci letali e in quel caso si passa il testimone a un collega. Un bravo medico, però, sa cosa fare di fronte a un paziente che soffre e ha perso la propria dignità di uomo”.

FEDERICO PARODI