La testata del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino

Oltre le parole: la creatività che si fa giornalismo

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Oltre le parole, scritte o orali. E oltre lo scatto fotografico, oltre il video. Ci sono altri modi di fare giornalismo, altri generi e altri strumenti ugualmente diretti, chiari, efficaci per trasmettere un messaggio, per raccontare il mondo. Giocano con le rappresentazioni, le forme, i gesti, i significati. Ad esempio, permettono di trasformare una notizia in una performance. 

Le immagini prima di tutto. Dove si inserisce la potenza comunicativa della vignetta editoriale, che provoca e ritrae il mondo con una matita. Il genere di Emanuele Del Rosso, freelance trentino che ha lavorato anche per Washington Post e Charlie Hebdo. Oggi è vicedirettore dell’European Cartoon Award. Al Palazzo dei Priori di Perugia, in occasione dell’incontro “Il potere delle vignette editoriali” del Festival Internazionale del Giornalismo, racconta la quotidianità del suo mestiere, insieme al collega Tjeerd Royaards, direttore del Cartoon Movement. 

“Con la satira politica possiamo raccontare una fatto, un evento, una percezione, una contraddizione: tutto tramite una sola immagine – spiega Del Rosso –. Una modalità efficacissima per i temi di rilievo politico. Permette, con un solo ritratto, di smuovere le coscienze per una riflessione e una discussione. Dà la possibilità di arrivare al cuore della questione e di farne emergere tutta la sua complessità”. Che Del Rosso, ad esempio, disegna un saluto romano che attraversa la porta dell’iconica copertina di Shining. Con una nuvoletta dice: “I’m home!”. Dietro la porta, terrorizzata, una donna. È l’Europa.

Un esempio tra i tanti riportati durante l’incontro, nel quale sono state presentate le più diverse vignette realizzate sia da Emanuele Del Rosso che da Tjeerd Royaards. Passati in rassegna i vari generi della satira e gli elementi che li differenziano. Quindi: esagerazione, simbolo e caricatura. Modalità diverse per dire qualcosa, tramite le immagini. Punti di partenza per accompagnare il lettore verso una stessa meta: la presa di coscienza di una contraddizione, di una verità nascosta, di un’ingiustizia. 

Tra le novità dell’editorial cartoon, anche quella di Serhii Kolesnikov, direttore e co-fondatore di ShoTam. Racconta la guerra in Ucraina tramite il fumetto. Un progetto presentato in occasione di un altro appuntamento del festival, “Arte e giornalismo perché la fiction potrebbe essere l’elemento mancante per dire la verità”. È proprio questo il punto: un genere che solitamente narra le imprese di eroi e e supereroi, nel progetto di ShoTam racconta le storie reali dei vinti. Delle vittime della guerra in Ucraina come nel caso del cartoon novel “Run”. È la storia di un ucraino che corre via dal suo paese, dalla sua terra, dal conflitto. Un modo diverso di far vedere la realtà, un metodo che possiede una sua formula. “La Inker’s formula – dice Kolesnikov -. Che consiste nell’incontro tra giornalismo e arte, tra precisa documentazione giornalistica e la percezione di un artista”. 

Oltre l’immagine, oltre il fumetto, ancora altre forme di giornalismo. Sono quelle che, alla rappresentazione grafica o visiva, preferiscono la performance che passa tramite il teatro o il cinema. Adam Kuzycz-Berezowski ha scelto entrambe le modalità, con la volontà di dare voce alle persone della comunità lgbtqia+ che nel suo paese, la Polonia, subiscono quotidianamente discriminazioni. E allora la cronaca di una violenza si trasforma in rappresentazione artistica. Il teatro, ancora più, permette di rendere evidente un sopruso, tramite la potenza la forza dell’espressione, della gestualità, del movimento.

“In tutte le narrazioni giornalistiche ci piace pensare che sia necessario il 99% di verità”, dice Florence Martin Kessler, fondatrice di Live Magazine. La testata non solo racconta le nuove tendenze culturali tramite le pagine del suo giornale. Organizza anche eventi, mostre, esposizioni a livello internazionale. “Sia per i linguaggi più tradizionali che per quelli più innovativi, la regola deve essere sempre la stessa – spiega Kessler –. Ci deve essere, sempre, 1% di fiction. Che non significa mera invenzione, ma slancio creativo. Che non elimina la potenza del racconto, ma ne sottolinea l’essenza” E avvicina il pubblico, in un contesto in cui la news avoidance – la grande fuga dalle notizie – è un fenomeno sempre più diffuso.