Non è un’Europa per giovani

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L’Europa e i giovani. Ormai si sente dire spesso che il futuro dell’Unione è in mano alle nuove generazioni. Allora ci si può chiedere: perché è importante votare e che significato ha l’Europa per i giovani? Questa è la domanda che ha aperto il ciclo di incontri “Quale Europa? I giovani e le elezioni europee”, organizzato dalla Fondazione Agnelli e il Collegio Carlo Alberto per gli studenti universitari e per i ragazzi delle superiori che a maggio per la prima volta voteranno alle elezioni europee. Ne seguiranno altri due, uno il 12 aprile 2019, sul ruolo dell’Europa nel mondo, e uno il 7 maggio 2019 sull’Euro a vent’anni di distanza dalla sua introduzione.

“La Brexit è la dimostrazione che scegliere bene è importante e che le decisioni non adeguatamente informate creano dei disastri. Bisogna allora capire la complessità dell’Europa, per capire che bisogna votare”, così ha aperto la giornata Andrea Gavosto, il direttore della Fondazione Agnelli.

Gli ospiti del primo incontro sono stati l’economista Mario Deaglio, il giurista ed ex giudice della Corte europea dei diritti dell’uomo, Vladimiro Zagrebelsky, e Nicoletta Pirozzi, responsabile del programma “Ue, politica e istituzioni” allo IAI di Roma.

La fotografia di Europa che ne è uscita non è stata positiva.

“Se ci sono almeno due cose in cui l’Europa funziona bene, il calcio e l’Erasmus, con la sua libertà di movimento – ha detto Deaglio – molti sono stati i fallimenti: l’Europa non è mai riuscita a fare un libro di storia europea per le scuole, che fondasse un’appartenenza comune. Una dimensione culturale e scientifica collettiva oggi non esiste, ed è molto più euroamericana che europea. Gli Usa poi ci hanno portato verso l’ultra-finanza. Se avessimo mantenuto politiche economiche più reali, oggi avremmo molti problemi in meno. Siamo ormai marginali nelle tecnologie: la rete cellulare, che noi abbiamo inventato, è diventato l’ultimo anello di internet, di proprietà di americani e asiatici. In questo mondo i giovani dovranno andare a votare”.

Vladimiro Zagrebelsky ha invece ricordato come uno dei motivi per cui è nata l’Europa è quello di rafforzare la democrazia e armonizzare tra gli Stati membri i diritti e le libertà fondamentali.

“Queste, come la libertà d’espressione o di religione sono terribilmente importati, perché se messe in discussione da poteri pubblici, politici e della società civile, sono causa di guerre” ha ricordato. Spaventosa, secondo lui, è la notizia di oggi che Erdogan vuole riconvertire Santa Sofia in una moschea, soprattutto perché la Turchia sta cercando di entrare nell’UE. “Per questo e per altri motivi l’Europa ha recentemente bloccato le pratiche della Turchia. Lo Stato infatti non garantisce quella armonizzazione ai diritti e alle libertà che sta a fondamento dell’Unione”.

Secondo Nicoletta Pirozzi un colpo all’idea di progresso che contraddistingue l’Europa è stato dato dalla Brexit. Oggi c’è una tendenza alla disgregazione dell’Europa. “Si è visto in maniera marcata durate la crisi migratoria, in cui gli Stati dell’UE si sono contrapporsi l’uno all’altro, facendo venir meno la solidarietà che sta alla base dell’Unione, lo si è visto con la crisi economica che ha diviso Stati del nord, più saldi, e Stati del sud, in crisi, e lo si vede con i diritti che in alcuni paesi europei vengono negati”.

Sembra però esserci fiducia, da parte delle istituzioni europee, nelle nuove generazioni. Ma queste non stanno dando segnali positivi all’Europa. I giovani, secondo Pirozzi, stanno mostrando interesse sempre crescente per i partiti euroscettici, nazionalisti o di destra. In Italia il M5S, in Francia il 15% dei giovani ha votato per Front Nationale, ma anche Mélenchon, molto critico verso l’Europa è stato votato dal 30 % di giovani tra 18 e 24 anni. Lo stesso sta succedendo in Slovacchia o in Ungheria. Questo perché i partiti antieuropei propongono messaggi molto semplici, che uniscono una rappresentazione pessimistica della realtà, unito ad un messaggio di speranza per il futuro. Questi partiti usano in modo intelligente i social. Più degli altri e riescono a proporre un senso di identità nuovo che l’UE non riesce a comunicare.

Che bisogna fare? “Dire di essere nati europei o ricordare i progetti Erasmus non ha più senso. I giovani ormai lo danno per scontato e tanti sono esclusi da questi vantaggi. Serve un nuovo senso di appartenenza europea. Ci sono alcune riforme proposte, come delle elezioni veramente europee con partiti davvero europei e liste transnazionali con programmi europei. Sono necessarie riforme della stessa architettura europea, andrebbe reso più chiaro il collegamento tra il voto e le scelte politiche che farà il nuovo parlamento”.

JACOPO TOMATIS