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Non solo Juventus, il Torino Women porta il granata nel calcio femminile

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Quando Agnese Bonfantini al minuto 83 ha portato avanti per due reti a uno la Juventus Women contro il Lione – valida per l’andata dei quarti di finale della Women’s Champions League – i 9 mila spettatori presenti all’Allianz Stadium sono esplosi di gioia nel vedere le bianconere fare un passo importante verso la quella che sarebbe la prima semifinale europea della storia di un club che, negli ultimi anni, si è fatto conoscere a livello nazionale e internazionale. Un club importante, figlio di investimenti su un settore calcistico femminile spesso snobbato a causa dei soliti cliché. Ma mentre il bianconero viaggia tra le stelle, in città c’è anche un altro progetto femminile, che rappresenta però la fede granata: il Torino Women.

Bacheca al centro sportivo del Torino Women

Il Torino Women è ben più storica della sua cugina bianconera (fondata nel 2017). Nato nel 1981 come Associazione calcio femminile Virgilio Maroso – dal nome del mitico giocatore del Grande Torino – inizia la sua esperienza partendo dalla Serie D e, dopo solo quattro anni, sale nella massima categoria femminile, dove militerà per ben ventisette stagioni. “Per tutti quegli anni siamo stati l’unica squadra femminile a rappresentare il Piemonte in Serie A” sottolinea Roberto Lusso, segretario dal 2014 del Torino Women, e dal 2010 grande appassionato di calcio femminile e delle granata. “Quando siamo saliti in A, la società ha chiesto al Torino FC di cedere i diritti per poter indossare la maglia granata e lo stemma della società maschile. Da quel momento la squadra si è cominciata a chiamare ‘Torino Calcio Femminile'” continua Lusso. Pur non avendo mai vinto titoli, i ventisette anni di permanenza in Serie A hanno regalato soddisfazioni, soprattutto nei primi anni del Duemila, con diverse partecipazioni a finali di Coppa Italia e Supercoppa. Inoltre ad indossare la maglia granata sono state importanti personalità dell’attuale panorama calcistico femminile italiano, a partire da Barbara Bonansea (attualmente alla Juventus Women e pilastro della Nazionale) e Cecilia Salvai (anche lei alla Juventus Women e regolarmente in Nazionale maggiore). Nonostante ciò, a partire dal 2013, il Torino Women ha vissuto un tracollo societario che l’ha portata dalla retrocessione in Serie B fino all’Eccellenza, serie in cui milita attualmente.

Nonostante il nome, i colori e lo stemma, il Torino Women non vede in alcun modo la partecipazione della società granata maschile. “Ci sono stati dei contatti con il Torino FC – spiega Roberto Salerno, presidente del Torino Women -, Anche perché noi guardiamo a loro come punto di riferimento e come tifo. Ma quello che ho notato negli ultimi anni è che al momento il nostro progetto non interessa alla società di Urbano Cairo”. Ma la voglia e l’ambizione di tornare tra le grandi del calcio femminile non manca. “Siamo in contatto con diversi sponsor per siglare degli accordi che ci darebbero i fondi per accrescere il nostro progetto. Spero e credo che tra tre o quattro anni potremo tornare in Serie A” sottolinea Salerno.

Le ragazze sono al momento terze in classifica nel girone A di Eccellenza e arrivano da un pareggio contro la prima classificata del Moncalieri e – nonostante i diversi infortuni – la squadra è determinata a concludere il campionato tra le primissime della classe. “Le ragazze vanno ai mille all’ora. Le vedo fare cose che nemmeno i ragazzi riescono a fare” afferma Pierangelo Piantella, allenatore del Torino Women.

Il calcio femminile italiano è in rampa di lancio, ma l’intero movimento deve fare ancora fare diversi passi in avanti per affermarsi definitivamente come in altri Paesi europei, sia come attenzione mediatica sia come stipendi per le calciatrici. “Non siamo ancora al livello di Francia, Inghilterra o Svezia. Ci sono presidenti di Serie A che fanno molto bene, come la Juventus Women. Ma al di fuori della massima serie c’è il nulla – sottolinea Piantella -, A differenza del mondo maschile, queste ragazze giocano perché hanno la passione e non per soldi o fama. Si meritano però molto di più di quello che hanno ora, anche perché l’unica differenza che c’è con calcio maschile è che nel nostro caso scendono in campo donne e non uomini. Punto”.

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