La testata del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino

“Noi due siamo uno”, la storia di Andrea Soldi raccontata in un libro

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Sono passati quasi sei anni da quel 5 agosto 2015, quando un Tso costò la vita ad Andrea Soldi, 45enne affetto da schizofrenia che amava trascorrere le giornate su una panchina in piazza Umbria. Quella panchina da cui tre vigili urbani lo prelevarono a forza, causandogli una compressione del collo rivelatasi fatale. Matteo Spicuglia, giornalista Rai e tutor del Master in Giornalismo di Torino, ha deciso di raccontare la sua storia in un libro, dal titolo “Noi due siamo uno”, pubblicato da Add Editore, in libreria da oggi, 14 aprile.

“Ho iniziato a seguire il caso di Andrea per il lavoro di cronaca, – racconta Matteo Spicuglia – dalle indagini sulla sua morte fino al processo. Nel corso delle udienze sono entrato in confidenza con Renato e Cristina, il padre e la sorella di Andrea, due persone straordinarie. In una di queste udienze sento Cristina che parlando con il padre accenna al diario di suo fratello: lì mi si è accesa la lampadina, era una storia che meritava di essere approfondita”. Il diario di Andrea Soldi copre vent’anni della sua vita, da quando nel 1990 ha vent’anni e avverte le prime crisi durante il servizio militare, fino al 2010, prima che la malattia si aggravasse impedendogli di continuare a scrivere. “Spinto dalla curiosità ho chiesto informazioni a Renato e Cristina su questo diario, ma non hanno voluto dirmi nulla, anche perché il processo era ancora in corso, e ho preferito non insistere. In una delle ultime udienze chiedo loro di vederci a casa e chiedo nuovamente di poter vedere il diario, inizialmente con l’idea di farci un servizio per il telegiornale. Mi hanno risposto che ci avrebbero pensato, e dopo due settimane mi consegnano il diario, che mi ha colpito enormemente e mi ha dato l’ispirazione per la scrittura di un libro”.

In quel diario Andrea racconta la sua malattia in maniera molto lucida e dettagliata, suscitando lo stupore anche degli psichiatri contattati da Spicuglia; che resta profondamente colpito dalla capacità di analisi di quello che tutti consideravano un matto da cui stare alla larga. “Leggendo il diario ho capito la potenza della storia che avevo tra le mani. Andrea soffriva di allucinazioni e vedeva i suoi familiari come bestie feroci: il padre era un gorilla, la madre un serpente, la sorella una mangusta. Per questo motivo li trattava malissimo, intimorito dall’immagine che aveva di loro, distorta dalla schizofrenia. Suo padre Renato veniva continuamente insultato, e questo non poteva che farlo soffrire. Solo leggendo il diario si scoprono lettere scritte ai parenti e agli amici e mai consegnate quando era in vita. In queste lettere viene fuori tutta la sua dolcezza, il senso della vita e la profondità spirituale. Suo padre capisce finalmente che suo figlio non lo odiava affatto, anzi gli voleva bene, ma riusciva ad esprimerlo solo attraverso la scrittura. Dietro l’immagine di un ragazzo che passava le sue giornate su una panchina a parlare da solo in maniera concitata si nascondeva una persona capace di esprimere la bellezza nella fragilità, con una profondità di pensiero e di sentimenti, di visione sul valore della vita, della famiglia e dell’amicizia. È stato come rimettere insieme i pezzi che 25 anni di malattia avevano stravolto”.

In una pagina del diario, una delle rare pagine disturbate, si legge una frase scritta più volte, “We two are one”: è il titolo di una canzone degli Eurythmics, uno dei gruppi preferiti di Andrea. In italiano diventa “Noi due siamo uno”, ed è la frase che dà il titolo al libro. “Immagino che con quella frase volesse descrivere il suo mondo, lui e la malattia erano una cosa sola e non c’era modo di cambiarlo. È una frase che mi ha colpito subito, tant’è che ho deciso che se avessi scritto un libro sulla vicenda l’avrei intitolato in quel modo, e così è stato. È come se il titolo l’avesse dato Andrea”.

“Noi due siamo uno” è frutto di un lavoro di più di tre anni: oltre al diario di Andrea Soldi, Spicuglia ha tratto spunto dalle conversazioni con i suoi familiari e dai documenti processuali. “Questo libro non è solo mio, ma anche di Andrea, di suo padre e di sua sorella: senza il loro contributo non sarei mai riuscito a scriverlo. Mi hanno fatto un grande regalo permettendomi di raccontare questa malattia, facendomi scoprire un mondo che non conoscevo. L’auspicio è che questo racconto serva a far sì che quest’esperienza diventi patrimonio di tutti e che quello che è accaduto ad Andrea non si ripeta mai più”.

Scopo del libro di Spicuglia non è solo raccontare la storia di Andrea Soldi, ma di accendere i riflettori sul dramma della schizofrenia, una malattia universale che colpisce tutto il mondo a prescindere dall’etnia o dalle condizioni sociali. “A volte pensiamo che alcune vite siano inutili, e i pazienti psichiatrici vengono ancora trattati come rifiuti della società: prima venivano rinchiusi nei manicomi, ora vengono lasciati in carico alle famiglie senza alcun sostegno. Ma la diversità non deve fare paura: leggendo il diario di Andrea si capisce come queste persone possano dare un contributo alla collettività e non essere più viste come un peso di cui disfarsi. Se l’intero sistema si facesse carico di queste persone, una malattia terribile come questa diventerebbe più sopportabile per loro e per le loro famiglie, potendo essere inseriti in dei percorsi lavorativi, in delle realtà di sostegno che in Italia già esistono, ma non sono sufficienti”.

È un libro che non si presenta come una biografia né come un saggio di cronaca, ma come un testo indirizzato a chiunque sia interessato a capirne di più sul fenomeno del disagio psichico, liberandosi dai giudizi precostituiti: “Questo libro non vuole raccontare la morte di Andrea, ma la sua vita. Ho cercato di mettere questo fatto terribile al servizio della sua famiglia e delle altre famiglie come la loro che si ritrovano ad affrontare certe situazioni, per ridare dignità a queste persone e dare voce a questo vissuto. Spero di esserci riuscito”.