Un settore in espansione e in grado di garantire maggiori opportunità di lavoro. Le nocciole rappresentano il presente e il futuro della provincia di Alessandria. “C’è stato un aumento negli ultimi quindici anni. All’epoca avevamo 250 ettari di frutta di guscio. Oggi siamo a quota 3000”, spiega Alberto Pansecchi, agronomo e responsabile dell’osservatorio corilicolo di Coldiretti Alessandria. Una produzione che sarebbe destinata a crescere. Rispetto ad altre coltivazioni – come la viticoltura e la cerealicoltura – il nocciolo non richiede un grande consumo di acqua. “Nel nostro territorio le risorse idriche scarseggiano. In colline non irrigue i cereali risultano non convenienti a livello economico”, osserva Pansecchi.
Secondo l’agronomo il territorio si presta bene a questo tipo di coltivazione perché “è abitato da persone abituate ai cambiamenti”. “Nel 1908 c’erano 180mila ettari di vigneti: Alessandria era la prima provincia italiana, numericamente parlando. Oggi ne abbiamo soltanto 10 mila”. Poi è stata la volta dei cereali, sviluppatisi soprattutto in pianura. Fino ad arrivare ai giorni nostri. E alle nocciole. I diversi cambiamenti di coltivazione hanno permesso lo sviluppo di grandi professionalità, “capaci di riconvertirsi” alla nuova produzione. Una pianta da frutto dai facili guadagni, con “uno sforzo minimo e uno smercio garantito”. “Quando l’impianto di coltivazione viene progettato con attenzione, senza seguire le norme tradizionali, e con un massimo di 40 ore/ettaro per anno di lavoro, il risultato è garantito”, spiega Pansecchi.
Attualmente, il grosso degli impianti alessandrini è al quarto o al quinto anno di produzione. Le piante raggiungono la piena produzione al nono anno. A differenza del vigneto, il nocciolo non ha bisogno di alcun processo lavorativo ulteriore e può giungere con più facilità sul mercato. E – rispetto ai cereali – ha maggiore possibilità di essere competitivo a livello di prezzi. La convenienza ha spinto alcune realtà locali a cambiare produzione. È il caso della Corilu, piccola cooperativa di quattro soci. “Hanno unito le forze e messo insieme i propri terreni non irrigui di coltura cereale, passando a una coltivazione di nocciole”, racconta Pansecchi. La cooperativa ha adottato un “tipo di coltura più moderna” e suscitato attenzione e curiosità. “Le persone hanno cominciato a interessarsi e i soci si sono resi disponibili. In molti sono venuti da tutto il Piemonte e anche dall’estero per saperne di più sulle nocciole ”, afferma l’agronomo.
Un ulteriore spinta alla coltivazione del nocciolo è arrivata dall’accordo firmato da Coldiretti Alessandria con Novi Elah Dufur, rinnovato recentemente e stipulato per la prima volta nel 2010. Un accordo di filiera con un’azienda dolciaria importante. “Novi ha accettato perchè è leader nel settore delle barrette di cioccolato e vende a prezzi alti, ciò gli permette di acquistare le nocciole a un prezzo per noi vantaggioso ”. L’interesse di una grande azienda accende i riflettori sulle possibilità offerte da un settore che appare in crescita. “Attualmente la coltivazione di nocciole non incide molto a livello quantitativo. La provincia di Alessandria è molto grande. Le produzioni di cereali e vigneti sono ancora egemoni nel territorio”, nota Pansecchi. Tuttavia, secondo l’agronomo il trend è destinato a cambiare: “Tra 15 anni vedremo un territorio differente e credo che la produzione possa raggiungere i 10/15mila ettari”. Le prospettive di mercato “sono interessanti” e aprono la porta alle nuove generazioni: “C’è bisogno di nuova manodopera, specializzata. Non è così facile trovarla”. Lo spazio è “tanto” e il settore delle nocciole “può garantire nuovi posti di lavoro”.
Foto gentilmente concessa da Alberto Pansecchi