L’Australia ha una norma di legge che consentirà al Governo di obbligare una piattaforma digitale a trattare con una testata e pagarne le notizie. Ma questo nuovo potere non cancella lo spazio di manovra dei colossi tech, anzi.
La trattativa tra Facebook e il governo australiano si è conclusa con alcuni, sostanziali emendamenti al regolamento che è stato approvato il 24 febbraio dal Senato e il giorno dopo dalla Camera. Giovedì 18 febbraio, il social network aveva oscurato i contenuti delle testate di news australiane sul proprio sito. In seguito, sono iniziate le negoziazioni che hanno portato a ridefinire i termini della proposta di legge.
I cambiamenti significano che il ministero potrà obbligare una piattaforma alle trattative, ma dovrà dare almeno un mese di preavviso prima che la designazione sia confermata. Inoltre, se le trattative private non dovessero andare a buon fine, si procederà a una mediazione. La durata di quest’ultima è stata aumentata fino a due mesi, in seguito a un’esplicita richiesta di Facebook. Probabilmente perché il passo successivo, qualora risultasse impossibile giungere ad un accordo, sarà il meccanismo di “ultima offerta” o “baseball arbitration”, a cui l’azienda tech si era opposta: una figura indipendente deciderà tra le proposte delle due parti, con valore di legge.
Gli obblighi, comunque, sono tutt’altro che stringenti. Prima di costringere una piattaforma (come, ad esempio, Facebook) alle trattative il ministero dovrà tenere conto del contributo che questa sta già dando all’ecosistema informativo australiano – ovvero, quanti altri accordi ha già raggiunto con altre testate. Considerato che le trattative con i più grandi outlet di informazione, come News Corp. di Rupert Murdoch, sarebbero già avviate, non è chiaro se Facebook sarà spinta a trattative anche con aziende minori o con giornalisti indipendenti. “A perderci potrebbero essere proprio le testate più piccole e i freelance”, ha detto Stephen Scheeler, ex Ceo di Facebook Australia e Nuova Zelanda.
In definitiva, le trattative sono lasciate alla volontà delle parti coinvolte, senza obblighi per le piattaforme digitali, che potrebbero semplicemente decidere di non ospitare i contenuti di una testata. “Il governo e Facebook si presentano entrambi come vincitori, ma la verità è che c’è stato un compromesso – ha dichiarato Michelle Rowland, parlamentare dell’opposizione e ministra ombra delle Comunicazioni – Dobbiamo vedere come il codice si applicherà nella pratica. Facebook e altre piattaforme possono ancora sospendere la condivisione di contenuti, come accaduto la settimana scorsa, ma si spera che questi accordi soddisferanno i loro requisiti e non ci sarà bisogno di azioni del genere”.