C’è vita oltre il tramonto? A Torino sì.
Un’esistenza fatta di lavoratori notturni, di insonni, di universitari e di persone che non hanno tempo durante la giornata. Ma anche un’esistenza dei cosiddetti “invisibili”: clochard e ubriachi.
Lo sa bene Matteo Brigatti, promoter, che frequenta la Torino notturna da anni: «Non parlo solo di locali, ma anche dei ristoranti in cui vai a cenare prima di uscire o dei bar in cui prendi il cornetto dopo». Locali aperti ventiquattro ore su ventiquattro e che di notte vedono passare l’umanità più varia, con i suoi drammi e le sue conquiste. Ci sono i bar che servono caffè, grappe e panini a qualunque ora, ci sono le palestre dei lavoratori che trovano soltanto alle cinque di mattina il tempo per tenersi in forma, ci sono dodici supermercati Carrefour che ti salvano la vita quando hai dimenticato il caffè o il dentifricio. Ma vale la pena tenere aperti queste realtà? Brigatti non si spinge a considerare le implicazioni etiche: «Non è il mio ruolo. Ma sicuramente dal punto di vista dell’utente è un servizio molto utile». E fa l’esempio di Berlino: «Ci ho vissuto tanti anni, e lì quasi tutto è aperto anche di notte. Ed è molto frequentato». Aggiungendo un’ulteriore riflessione: «Perché alle palestre e ai supermercati è concesso tenere aperto ventiquattro ore e ai locali no?».
Gli “anziani” di Torino, come uno dei gestori del bar Dock Milano in zona Porta Susa, raccontano l’evoluzione della città che vive di notte: «Anni fa c’erano meno senzatetto e meno stranieri. Oggi possono capitare notti in cui non vedi nemmeno un italiano». Ma vedono invece tanti lavoratori, che finiscono il turno tardi e vanno ai Carrefour per fare la spesa. Oppure corrono sui tapis roulant di una delle poche palestre aperte di notte a Torino. E non bisogna dimenticarsi degli studenti, chini sui libri durante la giornata, magari camerieri o rider del cibo a domicilio la sera, e che di notte vorrebbero trovare servizi disponibili. Senza poi dimenticare i bus notturni, i taxi o i pullman che vanno in direzione Milano o Caselle, le società di vigilanza che percorrono Torino anche di notte, gli spazzini, gli equipaggi delle ambulanze e le forze dell’ordine con l’ultimo (o il primo) turno, chi ha una bancarella al mercato.
Ma non c’è solo il mondo dei salvati, ma anche quello dei sommersi. Sono le persone che vivono in strada, e che in città crescono anno dopo anno perché hanno perso il lavoro, perché sono stranieri o sono stati allontanati dalla famiglia. Cercano asilo nei bar aperti tutta la notte, vagano per le corsie dei Carrefour, trovano rifugio per la notte sotto ai portici del centro. Non un problema così difficile da gestire come quello degli ubriachi che, a volte, diventano violenti. Si tratta di un pericolo che i supermercati provano ad arginare vietando la vendita di alcolici da mezzanotte alle sei. Anche i bar fanno lo stesso, ma il rischio è maggiore perché il loro “no” diventa una scelta.
Tra chi lo sceglie e chi invece è costretto, dopo il tramonto Torino vive. «Ed è giusto così», conclude Brigatti.