Anche l’emigrazione italiana invecchia. Secondo il Rapporto Italiani nel Mondo 2018, che utilizza dati dell’Anagrafe Italiani all’Estero (Aire), il tasso di crescita dell’emigrazione è positivo solo per i cittadini dai 35 anni in su, mentre dai 18 ai 34 anni è negativo. Nell’anno precedente quest’ultima fascia contava 48.607 unità, mentre nel 2018 si è scesi a 47.992, con un calo dell’1,3%. Al contrario, dai 35 anni in su c’è stato un aumento medio del 12,3%, con gli emigrati che sono passati da 49.521 a 55.631.
Paragonando la fascia 18-34, che dovrebbe essere quella più dinamica, e quella dai 35 in su, la forbice tra loro è aumentata in un solo anno di otto volte. Infatti nel 2107 la loro differenza era di 914 emigrati, mentre nel 2018 è di 7639.
In particolare la crescita è alta nella categoria tra 75 e 84 anni (49,8%) e in quella superiore agli 85 (78,5%). Il rapporto è stato presentato oggi, 21 marzo, all’Ufficio Pastorale Migranti di Torino dalla Fondazione Migrantes, con la curatrice Daniela Licata e monsignor Sergio Durando, direttore dell’Ufficio Pastorale Migranti della Diocesi di Torino.
«I 70enni si trasferiscono all’estero per stare accanto ai propri figli – ha dichiarato Delfina Licata– Ecco perché quella percentuale è così alta. Molti 80enni poi partono con la badante o la collaboratrice domestica che tornano a casa. In questi paesi, per lo più dell’Est, con la pensione minima riescono a trovare un angolo del mondo in cui vivere meglio».
Il Rapporto mostra anche che gli italiani iscritti all’Aire hanno raggiunto, al 1 gennaio 2018, la quota di 5.114.469, cioè l’8,5% dei quasi 60,5 milioni di cittadini totali in Italia, con una crescita del 2.8% rispetto allo scorso anno.
Un altro dato riguarda la suddivisione in classi di età di questi cinque milioni di emigrati: se 1 milione 135 mila hanno tra i 18 e i 34 anni (22,2%) e 1 milione 197 mila hanno tra i 35 e i 49 anni (23,4%), più di 1 milione hanno più di 65 anni (20,3%).
Per lo più gli italiani si spostano in Argentina (819.899 persone), Germania (743.799), e Svizzera (614.545).
Torino, infine, è una delle città metropolitane in cui il fenomeno emigratorio si registra con maggiore intensità, «a riprova del fatto – recita il rapporto – che le attuali partenze coinvolgono i territori che ospitano importanti strutture formative e professionali – università e multinazionali – che premono per avere relazioni internazionali».
Nelle precedenti edizioni il rapporto si era concentrato sul diritto a migrare e a restare, quest’anno invece al centro del report c’è il diritto a tornare. «Solo quando gli italiani troveranno un’Italia accogliente e ricca di risorse – hanno concluso gli organizzatori – avverrà il vero e più compiuto processo di mobilità che è un processo circolare e non unidirezionale».