La testata del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino

Raccontare le storie dei “piccoli migranti dimenticati”

Seydou è partito dalla Sierra Leone ed è sbarcato a Pozzallo il giorno prima del suo 18esimo compleanno, ma ai controlli non ci pensa un attimo: “sono maggiorenne”. Un’affermazione semplice, incontrovertibile in assenza di documenti: una dichiarazione d’intenti con cui provare a balzare al di là dei tanti nodi che si celano dietro l’emergenza dei minori stranieri non accompagnati. Secondo Eleonora Camilli, giornalista de La Stampa esperta di questioni migratorie, ogni giorno sono diciassette i migranti minorenni che spariscono sul territorio europeo, senza lasciare traccia del loro percorso.

“Storie di migranti minori che scompaiono in Europa” è il titolo del panel del Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia dedicato proprio a questo aspetto del fenomeno migratorio, strutturalmente complesso e fortemente bisognoso di un racconto mediatico che sappia andare oltre la suggestività tenendo insieme dati – ufficiali e “sommersi” – e le tante storie dei protagonisti, sempre diverse nonostante una monotonia, però, soltanto apparente.

Secondo Cecilia Ferrara, co-fondatrice IrpiMedia, “dare voce a questa parte della comunità migrante, la più invisibile, è fondamentale”. Facile, invece, decisamente non lo è: “Raggiungere i minori è la vera sfida, spesso tramite le istituzioni non è facile parlare con i più giovani che affrontano le tratte migratorie né con chi opera al loro fianco perchè, raccontando le ‘storture’ del sistema, il rischio in molti casi è di perdere il lavoro”. Il lavoro giornalistico, dunque, deve bilanciare i bisogni dell’informazione con le attenzioni che la deontologia richiede nei confronti dei minori, su tutti i concetti previsti dalla Carta di Treviso e dalla Carta di Roma.

Ferrara collabora con Lost in Europe, un progetto di giornalismo investigativo e collaborativo cross-border sulla scomparsa dei migranti minorenni in Europa. Assieme a lei anche Angela Gennaro, direttrice di Frisson Magazine: il progetto si è occupato di indagare insieme a giornalisti locali il fenomeno del traffico di minori dal Kosovo all’Italia, “molto sottovalutato perché è una rotta balcanica di lusso che gira al largo dei grandi campi ai confini della Bosnia“, spiega Gennaro. “Sono solo ragazzini” rimarca Ferrara, soli e nelle mani dei trafficanti durante un percorso ricco di rischi e difficoltà che arriva a costare fino ai 4.000-4.500 euro. Della rete di Lost in Europe fa parte anche la giornalista olandese Geesje van Haren, che al pubblico del Festival spiega come funziona il giornalismo investigativo su scala europea: “Si parte dai metodi tradizionali, raccogliamo soprattutto le storie che non vengono raccontate nei documenti ufficiali e se troviamo aspetti interessanti li condividiamo attraverso la nostra rete diffusa in tutta Europa”.

Impostare lavori cross-border è fondamentale ma non semplicissimo, colpa di una diversa gestione dei dati tra Paesi, come accaduto nel caso dei flussi di minori in uscita dall’Ucraina al momento dello scoppio del conflitto con la Russia. “Quando si sono aperti i confini in Europa abbiamo cercato di lavorare sui minori che arrivavano da soli, obiettivi sensibili del traffico illegale soprattutto nei primi mesi”, dice Ferrara. “Come Lost in Europe abbiamo chiesto alle istituzioni i dati sui migranti minori ma abbiamo scoperto che in molti non avevano una buona banca dati a disposizione e non svolgevano il tracciamento. Alcuni nostri colleghi polacchi hanno raccontato di giovani ucraini entrati in Polonia con l’autobus ma sprovvisti di tutori: c’era chi lo cercava su Facebook o chi chiedeva un nominativo al proprio vicino di posto”. Un tema, quello dei minori in uscita dall’Ucraina, che va a braccetto con il caso delle migliaia di bambini e adolescenti deportati in Russia dalle zone del Donbass e dalla Crimea, per essere rieducati in strutture ad hoc.

Il racconto giornalistico, allora, diventa uno strumento quanto mai decisivo per provare a sgretolare la complessità restituendo un’immagine quanto più chiara e definita possibile di situazioni rese ancora più difficili dalla carenza di informazioni certificate. Per farlo, nella fattispecie del tema dei minori stranieri non accompagnati, è necessario “tenere il più possibile il punto di vista del minorenne, avendo la massima premura nei confronti di chi non vuole raccontarsi ma bilanciando la necessità di non tacere questioni che hanno bisogno di emergere”, afferma Ferrara. In un contesto in cui l’Italia dispone di un sistema di monitoraggio da oltre un decennio accessibile online, il giornalismo può e deve “fare un racconto onesto di cronaca, dando voce ai protagonisti, provando a dare spazio ai dati ma controbilanciandoli con le storie, strumento sempre efficace”.

Intervista a Cecilia Ferrara a cura di Simone Matteis e Chiara Bagnalasta