Quando si parla di attività sportiva ad alto livello, praticata da femmine o da maschi, spesso il consiglio è di non paragonarla, di non metterla nello stesso piano. Se le differenze tecniche offrono un risultato diverso anche la salute delle atlete e degli atleti deve essere conosciuta, curata e affrontata per le proprie peculiarità. Quando si tratta la salute delle professioniste dello sport, l’equipe medica, seguendo a 360° l’atleta, ne tiene conto. Quando si parla invece di livelli più amatoriali, la competenza di chi dovrebbe allenare e tutelare vacilla. “Cercare di capire le esigenze dell’atleta, cercando di svilupparle in funzione delle caratteristiche individuali è il segreto delle capacità dell’allenatore che si concretizza nell’adattamento di concetti generali a esigenze specifiche”, spiega Gian Pasquale Ganzit medico sportivo e direttore della scuola regionale dello sport del Coni.
“L’aspetto più importante che è stato sviluppato rispetto alla pratica sportiva delle donne è la cosiddetta triade dell’atleta: l’anoressia, l’amenorrea (l’assenza del ciclo mestruale a volte per squilibri ormonali, ndr) e l’osteoporosi. Questo crea una predisposizione a fratture da stress e lesioni. In particolare, negli sport in cui l’immagine del corpo è particolarmente importante – come la ginnastica ritmica – le atlete tendono ad assumere uno scarso apporto energetico” aggiunge Ganzit. “Questo può essere pericoloso: il desiderio di vedersi più magre e con un peso minore dovrebbe essere giustamente confrontato con le prestazioni atletiche e con i carichi di allenamento” conclude.
Il rischio è che “gli allenatori convincano l’atleta che se pesa di meno riuscirà a fare un’evoluzione in modo più facile perché l’impegno muscolare potrebbe essere minore. Questo si fa senza pensare che però quei muscoli potrebbero non essere adeguati a quella prestazione proprio perché c’è della carenza energetica per perdere uno o due chili di peso” spiega Ganzit.
Conoscere questi elementi – che potrebbero influenzare le prestazioni atletiche – diventa cruciale per un allenatore che intende spingere per una prestazione di alto livello: “Uno pensa che quello sia l’ottimo, mentre in realtà quell’atleta potenzialmente con un’alimentazione migliore potrebbe ottenere dei risultati migliori”. Per questo serve una formazione specifica, offerta ad esempio durante la laurea triennale in Scienze motorie: “Non tutti gli allenatori e allenatrici hanno la laurea in scienze motorie – spiega Ganzit – molti invece nascono direttamente nelle federazioni e in seguito fanno dei corsi di preparazione. Quindi teoricamente l’allenatore e l’allenatrice che si occupa degli atleti dovrebbe aver fatto tutti questi passaggi. Io stesso sono stato chiamato da alcune federazioni per trattare l’argomento delle finanze energetiche”.