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“I matti sono ancora incatenati, siate testimoni”. Ahongbonon, il Basaglia d’Africa

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Grégoire Ahongbonon faceva il gommista. Dal Benin, dov’è nato, si è trasferito in Costa d’Avorio. È lì che ha visto migliaia di uomini incatenati ai ceppi, cioè ai tronchi di legno: sono malati di mente, persone colpevoli soltanto di soffrire di un disagio psichico che li rende diversi. La prima volta che gli occhi di Grégoire, oggi 65enne, hanno incrociato tanta sofferenza è stata nel 1994: “Ricordo bene quel momento. Mi trovavo in Costa d’Avorio già da un paio d’anni, insieme ad altri volontari avevamo cominciato ad aiutare i malati pagando i farmaci per curare chi non poteva permettersi di acquistarli, perché in Africa chi è povero viene abbandonato. Una signora ci chiese aiuto; arrivati al villaggio abbiamo visto un uomo bloccato su una croce, imputridito”. Quel giorno era la domenica delle palme, quasi un segno del destino per un uomo credente come Grégoire. “L’abbiamo liberato e portato via. Anche se è morto poco dopo, credo se ne sia andato via degnamente”.

Sulla sua esperienza Rodolfo Casadei ha scritto un libro intitolato Grégoire, quando la fede spezza le catene, pubblicato da EMI – Editrice Missionaria Italiana e presentato al Salone del Libro di Torino. Ahongbonon sta girando l’Italia per raccontare la situazione dei malati psichici in Africa: “Sono convinto che questa malattia sia come le altre. Per questo motivo ognuno di noi deve cambiare sguardo verso le persone che soffrono e rendersi conto che non sono pericolosi; anzi, credo che sia più facile vivere con un malato che con un sano”.

Grégoire è soprannominato il ‘Basaglia d’Africa’, cioè l’erede dello psichiatra italiano che ha dato il nome alla legge 180/1978, quella che impose la chiusura dei manicomi e di cui proprio il 13 maggio ricorre il quarantesimo anniversario. “A volte i ceppi bloccano entrambe le braccia, altre persino il collo. Non è colpa delle famiglie se il meccanismo è questo in tutta la Costa d’Avorio esistono solo due ospedali. Però mi chiedo e vi chiedo: Quale crimine possono aver fatto queste persone per meritare un simile destino?”. L’auspicio di Ahongbonon, che dal ’94 ha liberato sessantamila persone, è che i visitatori del Salone del Libro “diventino testimoni”. Perché se da una parte del mondo festeggiamo la rivoluzione italiana del ’78, altrove il disagio psichico fa ancora rima con catene e schiavitù.

MARCO GRITTI

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