All’inizio c’era un punto interrogativo, Marvin Gaye lo toglie. Lo toglie perché quell’album non è una domanda, ma una risposta creativa a un periodo tumultuoso dell’America. What’s going on, (Cosa sta succedendo): Marvin Gaye lo racconta in un disco che oggi, a distanza di 50 anni, rimane ancora attuale.
21 maggio 1971: esce What’s going on. È il 1990 e risuona nel Tiger Stadium di Baton Rouge gremito di gente. Nelson Mandela è da poco uscito di prigione e all’interno del suo discorso recita alcuni passi di What’s going on. Entra nella lista dei “500 più grandi album di tutti i tempi” di Rolling Stones nel 2020, viene intonata in seguito all’omicidio di George Floyd. La suonano Ledisi, Grace Potter e PJ Morton alla cerimonia dei Grammy Awards 2021, la cantano i cori Black lives matter per le strade. What’s going on ancora oggi respira bene.
Da dove iniziare? Siamo nel 1971, i Beatles si sono sciolti da un anno, Mick Jagger si sposa e Jim Morrison muore. Nasce la prima catena di negozi di dischi su scala mondiale, si fuma dappertutto e nessuno fa jogging. A gennaio Hitchcock arriva a Londra per girare Frenzy, la Ford comincia a immaginare automobili più piccole, nel mentre il valore degli immobili precipita. A Detroit, nella fucina della black music Motown c’è Marvin Gaye. Il 1971 si affacciava ad un decennio fragile tra i più feriti e innovativi nella storia del rock, il mondo cambia e qualcuno deve raccontarlo.
Marvin Gaye è già un artista di successo, ma What’s going on arriva dopo tre anni di silenzio. Gaye ha il dolore addosso, un matrimonio difficile e la morte di Tammi Terrell, compagna di palco, per un tumore al cervello. Poi incontra Obie Benson dei Four Tops. Obie assiste agli scontri violenti tornando dalla Summer Of Love di San Francisco, si sente ispirato e butta giù un giro. Gaye decide di lavorarci: scrive le parole, rivede l’arrangiamento, lo rende visivo e lo porta a Berry Gordy della Motown, la sua etichetta discografica. A Berry non piace, gli dice che è la cosa più brutta che abbia mai ascoltato. Marvin però punta i piedi. Ci vorrà un anno, e dopo lunghe sessioni opacizzate da brandy, marijuana e masturbazioni pre registrazioni, – si, leggenda vuole che Gaye lo facesse per drenare il corpo – What’s going on esce: centomila copie al primo colpo e la canzone che scala le classifiche.
Ritmiche liquide, voci doppiate e il sassofono di Eli Fountaine che scalda tutto: questa è What’s going on. Poi nove canzoni che raccontano le sfide della controcultura: il femminismo, la libera espressione, il razzismo, il Vietnam e l’ambientalismo. Si parte da What’s Happening Brother, il racconto dei veterani, quelli che affollano le strade degli Stati Uniti, una storia ispirata dai racconti del fratello Frankie, reduce del Vietnam. Segue Flyin’ Hight, il dramma della fuga dalla disperazione, quella che porta nell’abbraccio caldo e violento della tossicodipendenza. Poi la monumentale Inner City Blues che trascina nella periferia, nella vita dei margini quella senza prospettive, il degrado urbano che si traduce in vite spezzate. In mezzo Mercy Mercy me (The Ecology), il grido ambientalista che guarda agli oceani devastati dal petrolio e alle radiazioni che sporcano il terreno.
C’è qualcosa di ossimorico, la musica sensuale, avvolgente, il balsamo del Soul abbinato alla ferocia delle parole che raccontano storie violente. Il risultato è un album dolorosamente bello, invecchiato terribilmente bene. Oggi rimane attuale. Un po’ perchè è un classico, e come scrive Italo Calvino, il classico è un’opera che non ha mai finito di dire quel che ha da dire. Un po’, forse, perché nonostante i 50 anni rimangono ancora aperte quelle crepe sociali che Whats going on calpesta in punta di piedi.