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Scontri al Salone, Zerocalcare incontra i manifestanti

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La manifestazione a sostegno della causa palestinese arriva al Salone internazionale del Libro di Torino. Sabato 11, intorno alle 15:30, un gruppo di manifestanti si è riunito tra via Nizza e via Vado davanti alla fermata metro Lingotto, proprio a due passi dall’ingresso della kermesse dedicata al mondo dell’editoria, per chiedere lo “stop al sostegno del governo italiano nei confronti di Israele”. 

Il presidio si è poi mosso lentamente verso il piazzale principale da cui si accede al Salone attraverso i tornelli, mentre le forze dell’ordine in assetto antisommossa hanno cominciato a schierarsi vicino ai varchi destinati al pubblico, che da quel momento sono stati chiusi e il flusso in uscita dirottato su via Nizza, mentre gli ingressi sono stati gradualmente interrotti. Il culmine della tensione si è raggiunto quando un gruppo di manifestanti ha tentato di forzare i cancelli del Lingotto per farsi largo verso i padiglioni, ma sono stati respinti dagli agenti. A sostegno dei manifestanti è intervenuto il fumettista Zerocalcare, uscito appositamente dal Salone per incontrarli.

Zerocalcare: "Il Salone deve parlare della Palestina"

Zerocalcare, nome d’arte del fumettista romano Michele Rech, è uscito dal Salone per incontrare i manifestanti e provare a mediare con loro. Il suo arrivo è stato salutato con un lungo applauso da tutta la piazza ma anche dai tanti curiosi che si sono avvicinati al lato interno dei cancelli. Alle spalle del cordone di forze dell’ordine, “Zero” ha incontrato Brahim Baya, attivista e segretario dell’Associazione Islamica delle Alpi, e alcuni esponenti dei lavoratori del Salone, sotto gli occhi della direttrice Annalena Benini e del presidente Silvio Viale. Dopo un dialogo serrato, l’artista romano si è incamminato verso le transenne presidiate dagli agenti facendosi poi largo tra i manifestanti.

“Non possiamo accettare che il Salone del Libro rimanga silente davanti al genocidio in Palestina, il peggiore di questo millennio. Ciascuna vita umana conta: ringraziamo i lavoratori del Salone per essere dalla nostra parte” ha detto Baya, prima di passare il microfono a Zerocalcare, “uno dei pochi artisti che ha avuto il coraggio e l’audacia di esprimersi in Italia”.
È risuccesso che le persone che cercano di portare l’attenzione su quello che succede in Palestina vengano respinte. Credo sia normale che uno spazio che parla di cultura e attualità non può lasciare fuori la Storia: ci verrà chiesto il conto di quello che sta succedendo in Palestina, se ne parlarà tanto“.

Dopo l’intervento di Zerocalcare, altri manifestanti hanno preso la parola per ricordare le recenti polemiche per la mancata esclusione di Israele dall’Eurovision Song Contest di Malmö e le iniziative in atto all’interno del Salone, dove sono stati apposti alcuni adesivi con su scritto “Italy stop arming genocide” mentre qualche stand ha momentaneamente chiuso in solidarietà con i manifestanti.

Fin dal primo pomeriggio, i manifestanti hanno agitato al cielo decine di bandiere della Palestina e indossato la kefiah bianca e nera, proprio in occasione della giornata mondiale di questa “sciarpa” diventata un simbolo di resistenza palestinese. La sua storia risale al mandato britannico: durante la rivolta araba del 1936, i palestinesi utilizzavano la kefiah per camuffarsi e sfuggire all’arresto da parte delle autorità. Da quel momento, la kefiah è stata bandita assurgendo a emblema dei fedayyin, un ruolo che è sensibilmente aumentato anche in occasione della prima e della seconda intifada.

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