Una foto per tutelare la salute degli animali. Questo è quanto proposto dal progetto Mammalnet, promosso dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare. Il 16 aprile il gruppo ha tenuto una conferenza stampa online per illustrare i principi guida del progetto e le metodologie per applicarlo. Tra le istituzioni che partecipano e sostengono il progetto figurano anche l’Università di Sassari e l’Università di Torino.
L’esperienza della pandemia ci ha fatto comprendere ancora di più quanto il benessere dell’uomo sia legato a quello degli animali e all’ambiente in cui tutti viviamo. Come affermato dal professor Marco Apollonio dell’Università di Sassari: “Mammalnet è una propagine del progetto Enetwild. È un progetto che è stato molto utile perché ha permesso per esempio di sviluppare, nell’arco di breve tempo, dei modelli sull’abbondanza del cinghiale in Europa. Oggi c’è un’epidemia, la Peste suina africana, che colpisce anche il cinghiale selvatico. Ci sono anche altre patologie meno conosciute, come le malattie da vettori. C’è stato un caso in cui si sono verificati 1200 contagi umani da leishmaniosi. Il 45% dei cani aveva zecche, le quali avevano spesso origine silvestre.”
Il professore ha poi proseguito: “Nei patogeni, la babesia venatorium, ad esempio, è quello più comune e colpisce anche l’uomo. Noi con i dati possiamo identificare l’origine dei focolai e salvare animali e persone. Il concetto di ‘one health’ è stato spinto in America ma fa parte del nostro retaggio: pensate alla sanità pubblica, che protegge l’uomo dai patogeni. La medicina è una sola per animali e persone.”
Sono molte le patologie che possono passare dagli animali selvatici e domestici all’uomo. Quello che possiamo fare per prevenirne la diffusione è monitorare lo stato delle specie selvatiche in natura e garantire loro un congruo spazio abitativo libero dove possano vivere in sicurezza.
A questo scopo nasce il progetto Mammalnet, che cerca di utilizzare due strumenti nuovi ed essenziali per la ricerca: la citizen science e la open science. I due strumenti prevedono il coinvolgimento della collettività nelle attività di ricerca, i cui risultati saranno aperti alla fruizione di tutti. Le persone comuni avranno il compito di monitorare la presenza di mammiferi selvatici nei pressi del luogo in cui vivono. Per svolgere questa operazione sono stati introdotti tre strumenti digitali.
Imammal è un’applicazione con cui fotografare e condividere foto degli avvistamenti, le quali verranno poi visionate da esperti e andranno a costituire un importante database per definire la condizione degli animali in Italia. Poi c’è Mammalweb, un portale online dove condividere le immagini ottenute tramite photo trapping, ovvero una pratica che consiste nel mimetizzare camere fotografiche nell’habitat naturale per immortalare gli animali da remoto senza disturbarli. Infine Agouti è un’app concepita per professionisti, che serve per supportare specifici progetti locali in paesi pilota, in cui l’obiettivo è quello di utilizzare gli avvistamenti di mammiferi per stimare il numero e la distribuzione delle diverse specie.
Le immagini non devono essere solo ed esclusivamente di avvistamenti, bastano anche tracce di passaggio o della presenza di mammiferi nel luogo, come impronte, carcasse o tane.
I risultati del lavoro di tutti saranno messi a disposizione sul portale e permetteranno un libero scambio d’informazioni fra avvistatori ed esperti, in un’ottica d’informazione e consapevolezza che può aiutare la scienza, la comunità e l’ambiente.