Carlo Freccero e Marco Travaglio dialogano come il maestro e l’allievo davanti a un vecchio televisore analogico. Il maestro, Freccero, direttore di Rai 2, confida all’allievo Travaglio di aver fatto un sogno che è svanito nella Seconda Repubblica: c’è stato l’avvento della tv commerciale, quindi di Canale 5, in un mercato televisivo all’epoca lottizzato dai principali partiti politici. Quel sogno non c’è più, siamo nell’era digitale, che ha frammentato il pubblico e l’offerta dei contenuti. Tutto questo è nel libro del direttore Freccero, “Fata e Strega” (Gruppo Abele Edizioni), presentato domenica 12 maggio al Salone del Libro di Torino. Una conversazione pungente con Filippo Losito, in cui l’autore racconta l’evoluzione della televisione e del rapporto tra comunicazione pubblica, cultura e società. Un viaggio che parte dalla TV degli sceneggiati e del maestro Manzi per arrivare a quella dei format e dei reality. Dalla televisione pedagogica a quella dal forte impatto social, un percorso fra i media nazionali e quelli commerciali insieme a chi, nella televisione, ci lavora da decenni.
Da sogno a incubo. Da mago Berlusconi a strega
Quel sogno si è trasformato in incubo. “Berlusconi, patron delle reti commerciali, arriva come fosse un mago”, ricorda Freccero, che nei primi anni Ottanta è stato direttore dei palinsesti dei network Canale 5 e Italia 1. “Abbiamo creduto nella tv libera”. Al tempo, mentre Freccero portava la tv commerciale in Italia, lo studente Travaglio era un liceale e guardava Drive In con curiosità, perché i fenomeni di successo, insegna Freccero, vanno sempre analizzati, sono lo specchio della società.
“Seguivo Drive In – confida il giornalista direttore de Il Fatto Quotidiano – vedevo i dibattiti politici. Indro Montanelli era il mio idolo, ed era stato bandito dalla Rai. In quel momento, si aveva l’impressione che la tv commerciale portasse cambiamento rispetto a una tv pubblica paludata. La sinistra poi non hai mai capito niente, è sempre stata arretrata, snobbava Drive In come dopo snobberà il Grande Fratello. Invece la tv era lo specchio per capire l’Italia e la politica, era come avvisaglia e sintomo di quello che accadrà più tardi”.
L’impegno politico di Berlusconi spegnerà quel sogno, quel profumo di libertà. Travolgerà anche la tv pubblica e si arriverà così al famoso editto bulgaro del 2002, con la cacciata dalla Rai dei giornalisti Enzo Biagi, Michele Santoro e del satirico Daniele Luttazzi. Secondo Berlusconi facevano un “uso criminoso” del servizio pubblico.
“L’informazione è diventata propaganda”
“La Rai adesso imita Mediaset – denuncia Travaglio – si produce sempre meno, si spende poco e non si inventa più nulla. Si confonde la satira con Colorado o Zelig”. Ma ha senso oggi riportare Luttazzi in una Rai che forse non ha più il pubblico di Luttazzi? È quello che spera Freccero, che addirittura vorrebbe parlare della trattativa Stato-Mafia mettendo in onda il film di Sabina Guzzanti.
Resta un dato di fatto: “La tv generalista – osserva il direttore – non è più la stessa. Si trova ai margini del sistema mediatico. Il digitale ha frazionato il pubblico. C’è meno capitale culturale. L’informazione è diventata propaganda del pensiero unico, o infotainment (informazione e intrattenimento), vedi Bruno Vespa. Anche l’informazione è diventata reality, mentre la tv generalista ha perso il pubblico più informato”.