La testata del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino

L’urgenza della solitudine e le comunità religiose

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Solidarietà alimentare, supporto psicologico e sostegno alle persone più anziane. A Torino ogni comunità religiosa fa la sua parte per alleviare le sofferenze economiche e sociali provocate dal Coronavirus. 

“Puntiamo a favorire la solidarietà tra le famiglie, a prestare attenzione a chi soffre, al di là delle credenze spirituali”, dichiara Brahim Baya, portavoce della comunità islamica delle Alpi. “Per esempio nei condomini dove convivono nostri fedeli e persone non musulmane ci si aiuta a vicenda: C’è chi si offre di fare la spesa per le persone più anziane”.

La comunità islamica di Torino sta portando avanti una raccolta fondi sulla piattaforma di crowdfunding GoFundMe per aiutare gli ospedali, un progetto di volontariato interconfessionale in collaborazione con il dormitorio del Cottolengo e un’azione di sostegno alle persone più colpite dalle ricadute economiche della pandemia. 

“Dall’inizio di aprile, grazie a un contributo della Compagnia di San Paolo, stiamo dando una mano a una sessantina di famiglie con buoni spesa. Vogliamo aiutare i piccoli minimarket, le macellerie e i vari esercizi commerciali che si trovano in difficoltà”, afferma Baya.  

Il portavoce ricorda poi le difficoltà per rimanere in contatto con i fedeli: “Utilizziamo i messaggi vocali e i canali social per non far mancare la preghiera del venerdì e i momenti religiosi più importanti”. 

 

[aesop_video src=”youtube” id=”9hUBy8g6eQc” align=”center” caption=”Una vecchia intervista di Futura al rabbino capo di Torino Ariel Di Porto (2015)” disable_for_mobile=”on” loop=”on” controls=”on” mute=”off” autoplay=”off” viewstart=”off” viewend=”off” show_subtitles=”off” revealfx=”fromleft” overlay_revealfx=”fromleft”]

La comunicazione è un problema che riguarda pure altre realtà confessionali. “Noi vogliamo sapere se le persone hanno bisogno di aiuti, se soffrono a causa di qualche difficoltà. Parlare con loro ci permette di capire come lavorare meglio in futuro”. Ariel Di Porto è il rabbino capo della comunità ebraica di Torino. Si sta occupando del’”urgenza della solitudine”: un problema che riguarda soprattutto gli anziani, in un gruppo religioso che raccoglie 700 persone in città. “Li aiutiamo sbrigando le piccole incombenze, come pagare le bollette oppure comprare i medicinali. Cerchiamo anche di fare assistenza psicologica al telefono: è un modo per stare vicini alle persone più fragili”, afferma il rabbino.

[aesop_quote type=”block” background=”#282828″ text=”#ffffff” align=”left” size=”1″ quote=”Dovremo immaginare di nuovo le nostre attività. Le persone anziane avranno bisogno di un’assistenza più tradizionale nel senso vero della parola. ” parallax=”off” direction=”left” revealfx=”fromleft”]

 La comunità ebraica torinese, per la celebrazione della Pasqua, ha dovuto gestire la distribuzione del pane azzimo in tutto il Piemonte. In città ci si è affidati a una rete di volontari. “Abbiamo attivato un sistema di consegne porta a porta a supporto dell’intera comunità”, racconta Di Porto. Per coprire le richieste provenienti da ogni zona della Regione è stato contattato un corriere, che ha consegnato il pane della tradizione ebraica alle famiglie. Secondo il rabbino è necessario moltiplicare gli sforzi perché le difficoltà causate dall’emergenza sono tante: “Dovremo immaginare di nuovo le nostre attività. Le persone anziane avranno bisogno di un’assistenza più tradizionale nel senso vero della parola. Le attività della comunità andranno rinnovate”. 

La comunità valdese ha dovuto cambiare fin da subito il proprio modo di aiutare il prossimo. Da quasi vent’anni gestisce una casa di accoglienza aperta a tutti, dove ogni martedì mattina è possibile recarsi per ricevere assistenza. Dai primi di marzo – a causa delle misure anti Coronavirus – la struttura di corso Vittorio Emanuele II è stata chiusa. 

“Stiamo lavorando in sinergia con le realtà istituzionali e i soggetti impegnati nella fragilità delle persone”, racconta Berthin Nzonza, membro della Diaconia Valdese. “Collaboriamo con la rete delle Case di Quartiere. Sono luoghi che funzionano come punti di distribuzione per gli alimenti di prima necessità. Le persone li frequentano e noi cerchiamo di segnalare chi si trova in difficoltà”. 

Nzonza è anche referente della comunità per i migranti e si occupa delle iniziative che legano la Chiesa Valdese ad alcune associazioni che tutelano i rifugiati. “Stiamo portando avanti insieme all’Associazione Mosaico una serie di progetti per le case occupate e per i migranti che non hanno alcun sostegno economico”.

Articolo tratto dal Magazine Futura uscito il 22 aprile 2020. Leggi il Pdf cliccando qui.

 

 

RICCARDO PIERONI