Un semestre online in poche settimane. L’emergenza sanitaria del Covid-19 ha costretto il mondo della formazione a trovare soluzioni alternative alla didattica in presenza. L’Università degli Studi di Torino ha reagito con prontezza: come primo Ateneo italiano non telematico per offerta di insegnamento online ha avuto dalla sua un’infrastruttura tecnologica già sviluppata e un buon numero di docenti attenti all’innovazione. La professoressa Barbara Bruschi, vice rettrice alla didattica e docente di tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento, ha scritto le linee guida per tutti gli insegnanti dell’Ateneo. “Flessibilità” è la parola d’ordine che ha orientato il suo lavoro, ma alla base di tutto, a suo avviso, ci vuole la disponibilità di docenti e studenti: «Imparare e insegnare online sono attività che implicano uno spostamento di modelli. Non si può pretendere di fare le stesse cose che si fanno in aula».
Come si costruisce un corso online?
Interazione, riscontro, tempi ridotti e distribuiti. Secondo la professoressa Bruschi questi elementi sono l’alfabeto della didattica online. Un corso efficace può essere costruito in molti modi, con lezioni videoregistrate, in streaming, diapositive, giochi interattivi, ma alcune accortezze non devono mancare: «Online l’attenzione è ridotta. I moduli di spiegazione devono aggirarsi sui venti minuti di durata» specifica la docente. «Le presentazioni e l’interazione vanno alternate in maniera più sistematica di quanto avvenga in aula. Bisogna prevedere dei momenti in cui chiedere il coinvolgimento dello studente con esercizi, domande, brevi ricerche». Le lezioni in streaming sono consigliate per favorire l’interazione, forme di autovalutazione possono aiutare gli studenti a capire a che punto sono con l’apprendimento. L’emergenza ha accelerato la sperimentazione di sistemi di insegnamento che possono essere utili anche quando il peggio sarà passato. Il contatto umano delle lezioni resta però insostituibile e le difficoltà da affrontare non mancano.
I possibili problemi di rete
Dall’inizio di marzo, la piattaforma Moodle dell’Università ha dovuto supportare le lezioni online di 155 corsi di laurea. Le migliaia di accessi hanno causato dei problemi tecnici. Per la professoressa Bruschi però erano inevitabili e sono stati superati bene: «Qui non stiamo parlando di semplice didattica online, ma di un’emergenza. Anche i sistemi che funzionano bene sono sollecitati in modo importante». Se si aggiunge poi l’incidenza del lavoro da casa, con milioni di persone connesse per ore nell’arco della giornata, il problema della rete si allarga e la copertura digitale non è sempre adeguata: «A livello nazionale la nostra rete non era pronta per reggere lo stress a cui è stata sottoposta. Devo comunque dire che anche se a casa non arriva la fibra, ho fatto tutto il mio corso su Webex con 140 studenti connessi. In certi momenti siamo stati messi a dura prova, ma in generale non abbiamo avuto moltissime difficoltà». Della ridotta disponibilità di tecnologie si è parlato a proposito degli studenti più giovani, ma anche per gli universitari le dotazioni e
l’alfabetizzazione informatica non possono essere date per scontate: «Abbiamo lanciato un’indagine per capire quanti fossero gli studenti che hanno bisogno. Abbiamo ricevuto delle segnalazioni, ma nel complesso la gran parte degli iscritti è riuscita ad andare avanti con il suo percorso in questi primi mesi» conclude Bruschi. «Gli studenti tendono ad aiutarsi molto tra di loro via social o via Whatsapp. È una forma collaborativa in più che hanno rispetto a noi docenti».
Articolo tratto dal numero di Futura Magazine del 6 maggio 2020. Leggi il Pdf cliccando qui