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L’Unione europea al bivio sulla crisi del Coronavirus

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Giovedì 9 aprile è atteso l’Eurogruppo che riunisce i ministri delle Finanze dei 19 Stati membri che adottano l’euro, la cosiddetta eurozona. La videoconferenza di ieri notte si è risolta con una fumata nera. Non c’è stato l’accordo sulle misure da adottare contro la crisi economica provocata dalla pandemia da Coronavirus.

Il negoziato è durato sedici ore e poi è stato sospeso dal presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno. Secondo informazioni riportate, tra gli altri media, da Il Sole 24 Ore, sarebbe stato il governo olandese il più deciso a osteggiare ogni dialogo sulla mutualizzazione del debito per reagire alla crisi, ma il pallino del gioco resta in mano alla Germania, il cui Nein, seppure meno radicale, pesa assai di più.

 

Quattro misure anticrisi

Sono quattro le proposte sul tavolo per dare liquidità ai Paesi in crisi.  C’è naturalmente la soluzione del Mes (Meccanismo europeo di Stabilità, detto anche Fondo salva-Stati) per concedere prestiti alle nazioni europee. Poi c’è la proposta di liberare aiuti della Banca europea degli investimenti (Bei): 200 miliardi per le imprese che si sommano ai 40 miliardi già decisi per le Pmi. Terza via è quella del fondo suggerito dalla Commissione Europea per sostenere i governi a finanziare la cassa integrazione (Sure). Infine, la proposta francese di un fondo finanziato con obbligazioni congiunte.

Tre proposte su quattro troverebbero il favore di tutti gli esponenti. Il nodo da sciogliere è doppio. Da un lato il Mes: l’Olanda, che nei giorni scorsi si era mostrata intransigente, avrebbe chiesto misure ancora più stringenti sulle condizioni economiche all’uso del prestito del Mes. Dall’altro il rifiuto a discutere della proposta francese, che riprende quella già sostenuta da Italia e Spagna, pur con qualche garanzia in più per i paesi del Nord.

 

L’Italia punta sui coronabond

Francia, Spagna e Italia fanno, infatti, fronte comune per richiedere l’emissione dei coronabond coi quali finanziare la ricostruzione post-Coronavirus. “No al Mes, sì all’Eurobond”: è questa la strada che predilige il premier italiano Giuseppe Conte e che non trova convergenza da parte dei paesi nordici, Germania e Olanda capofila, che sono più propensi al Mes con più paletti e condizioni rigorose.

 

Perché la Germania è contraria

I coronabond o eurobond sarebbero titoli garantiti in solido da tutti gli Stati dell’Ue, ciò significa che se qualcuno non rimborsa la sua quota, tocca agli altri Paesi pagare il rimborso del prestito. Come un condominio che divide le spese non pagate dal coinquilino insolvente. Per questo Germania e Paesi Bassi sono contrari e non vorrebbero rischiare, visto che l’Italia è indebitata fino al 135% del proprio Prodotto Interno Lordo (Pil), mentre i tedeschi sono di poco sopra il 60%, anche se potrebbero salire al 70% per effetto dell’attuale situazione.

Insomma, i paesi più forti non vogliono rischiare, c’è assenza di fiducia nonostante la gravità della crisi richiederebbe maggiore flessibilità. Roberto Gualtieri, ministro italiano dell’Economia, richiama tutti a una “responsabilità comune” per una “scelta coraggiosa, solidale e condivisa” e fa sapere che manterrà la stessa linea anche domani.

 

Salvini punta sui bot italiani

Il dibattito politico interno italiano si divide sullo strumento del Mes. Il leader del centrodestra Matteo Salvini, ieri sera, a DiMartedì (La7) ha chiarito la sua posizione, ribadendo il suo no al Mes: “Meglio chiedere soldi agli italiani con una emissione straordinaria di buoni del tesoro garantiti dal governo e dalla Bce”.

 

Non solo economia, fratture anche per la sanità

L’Europa, insomma, appare divisa, non solo sul piano economico. Il presidente del Consiglio europeo della ricerca (Cer), lo scienziato italiano Mauro Ferrari, si è dimesso per non essere riuscito a convincere l’Europa a istituire un programma scientifico coordinato contro l’emergenza sanitaria. Parlando al Financial Times, Ferrari ha lamentato una “completa assenza di coordinamento delle politiche sanitarie tra gli Stati membri europei, la ricorrente opposizione a iniziative di sostegno finanziario coeso e le pervasive chiusure delle frontiere unilaterali”.

 

NICOLA TEOFILO