Per difendersi dal dilagare dei fascismi, bisogna difendere i più deboli, coloro i quali finiscono nelle grinfie dei neofascisti. Ne è convinto il professor Luciano Canfora, che oggi, venerdì 10 maggio, ha tenuto una lezione alla 32esima edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino.
“Solo la verità ci renderà liberi”, è l’esortazione del filosofo pugliese davanti a una Sala Rossa affollata. Durante la sua lectio ha ripercorso le origini del fascismo e del nazionalsocialismo tedesco. Il fascismo ha trovato ispirazione nei modi di essere della politica antica augustea. La volontà imperialistica per giustificare le proprie guerre come guerre giuste. La politica razziale di Himmler, capo delle SS naziste, ha cercato disperatamente di mettere le mani sul manoscritto “La Germania” di Tacito, un testo che doveva rappresentare il manifesto del nazionalsocialismo.
Le contraddizioni del concetto di razza sono evidenti anche ne Il primo libro del fascista, che Canfora cita: “Razza significa massa di uomini simili per caratteri fisici ereditari”. Il libro specifica che la razza italiana “è ariana di tipo mediterraneo”. Inevitabili le risate del pubblico.
Come si difende la razza? “Garantendo servizi sociali e assistenziali per la razza stessa”. Un po’ come si alimentano le mafie, sostituendosi allo Stato. Qui è il nodo cruciale di tutto, un passaggio che il professore chiarisce meglio nella nostra intervista. I neofascismi si alimentano dei nuovi problemi della gente, dei poveri e dei più deboli. Li strumentalizzano per nutrire il proprio consenso.
Professore, qualche domanda per la stampa…
“Per la storia, prego. Per l’eterno”.
C’è un pericolo razzismo in Italia?
“Più che un pericolo è un dato di fatto che ci deve allarmare, e che non mi stupisce. Perché, come diceva un grande latinista, Concetto Marchesi, le radici del fascismo sono ancora turgide. Quindi non è vero che è scomparso. Un altro grande autore come Borgese, che ha scritto “Golia: la marcia del fascismo”, libro uscito nel 1946 in America, dice che il fascismo dipende da noi. Perciò non è finito, dipende da noi perché ciascuna generazione ha il dovere di vigilare. Quindi è un problema aperto”.
Questa Europa vigila abbastanza?
“Europa è un concetto generico, perché ci sono tante Europe tra loro contrapposte. Insomma, i conflitti non si eliminano con la retorica. Io sono abbastanza vecchio per ricordare le discussioni tra la sinistra italiana e il centro cosiddetto atlantico. Quando nel 1958 sorse l’Europa unita da sinistra si faceva una osservazione giusta: è l’Europa dei popoli, delle classi subalterne o invece è l’Europa dei banchieri, dei potenti? Ecco, sono due mondi in conflitto”.
Qual è la soluzione di questo conflitto?
“La prima ricetta è tornare a parlare chiaro, non farsi intimidire da formule deterrenti che sono spesso cattiva coscienza e regalano alle nuove forme di fascismo molto spazio. Perché i fascisti si presenteranno come quelli che difendono i deboli contro i potenti. Invece siamo noi che dobbiamo difendere i più deboli”.