“Non esiste niente di più importante della parola, nella sua presenza e nella sua assenza. Essa deve servirci per creare dei ponti, per unire”. Lo scrittore Vittorio Graziosi contrappone così l’immagine della parola come arte alla risultanza didattica delle parole, nel corso dell’incontro Bullismo e cyberbullismo: educazione e prevenzione, che si è tenuto oggi al Csi Piemonte in collaborazione con l’Associazione “Bullismo No Grazie” e con il patrocinio della Regione Piemonte. Una parola che deve unirsi al coraggio di agire di fronte alle ingiustizie in rete.
Non solo la parola, ma la formazione di una comunità educante è centrale per creare un ambiente di solidarietà e unione: “Lo sport viene incontro a questa esigenza – spiega Lisa Sella, ricercatrice Cnr -. Con lo sport si fa squadra, si rinsalda la comunità e si dà forma al senso di responsabilità. Non bisogna punire i ragazzi togliendo loro l’allenamento”.
“Il confine tra bullismo fisico e virtuale e piuttosto labille – dice Daniele Vallino, dirigente scolastico -. Il bullo è un debole e la forza non è la violenza. La scuola è un insieme di storie e di persone”. “Non si può eliminare il figlio dalla rete – commenta Letizia Maria Ferraris, presidente Csi Piemonte -. È necessaria però una maggiore conoscenza: la società di oggi ci porta nuovi strumenti con maggiori possibilità di condivisione”.
“Oggi diventa fondamentale – ha detto Letizia Maria Ferraris Presidente Csi Piemonte – sviluppare una cultura che favorisca la comprensione dei rischi presenti nella rete e la consapevolezza dei propri diritti e doveri “digitali”. Formazione, informazione e comunicazione sono tre parole chiave, spesso interconnesse e complementari, che ci devono guidare in questa nuova era in cui è necessario acquisire competenze digitali ma anche normative e il Csi, in qualità di ente strumentale della Pubblica Amministrazione conferma il suo impegno a fianco alle istituzioni, agli enti e alle famiglie per un utilizzo delle piattaforme tecnologiche consapevole e responsabile.”
“Ringrazio la Presidente Letizia Ferraris del Csi Piemonte perché tutti gli anni ripropone con grande determinazione l’attenzione sul tema del bullismo e del cyberbullismo, particolarmente caro anche alla Regione Piemonte. Abbiamo infatti stanziato 500mila euro per lavorare a progetti che possano essere di contrasto a bullismo, cyberbullismo e tutte le forme di violenza. Vorremmo cercare di far capire a tutti i ragazzi che il forte non è il violento. Il forte è il ragazzo in grado di tendere la mano a un suo amico, a un compagno di scuola più debole e portarselo al suo fianco. Questa è la vera forza e il messaggio che vogliamo far passare”, ha commentato Elena Chiorino, Assessore all’Istruzione, Merito e Formazione della Regione Piemonte.
“Il tema del cyberbullismo ci pone di fronte alla necessità di fornire delle risposte concrete. La Regione Piemonte è la prima ad aver istituito con una legge regionale il servizio di psicologia scolastica, aggiuntivo rispetto agli interventi già predisposti dal Ministero dell’Istruzione, proprio per affrontare i gravi problemi prodotti dalla didattica a distanza durante il periodo Covid. Tutti insieme dobbiamo mettere in campo ogni sforzo possibile per garantire il benessere psicologico e mentale dei più giovani. Lo dobbiamo al futuro della nostra nazione e del Piemonte”, ha fatto sapere l’Assessore alle Politiche sociali della Regione Piemonte Maurizio Marrone.
“Siamo orgogliosi di essere stati relatori per il terzo anno consecutivo – dice Fabio De Nunzio presidente Associazione “Bullismo No Grazie” – all’evento organizzato da Csi con il patrocinio della Regione Piemonte. È, purtroppo, la diretta testimonianza della diffusione dei fenomeni del bullismo e cyberbullismo, che, anche grazie all’attenzione delle istituzioni e del mondo della scuola, siamo chiamati a combattere e prevenire, facendo costantemente formazione ed informazione ai giovani, ai genitori, agli adulti e agli operatori del mondo educational, con eventi come questo che tengono accesa l’attenzione e danno consigli concreti ed applicabili nella vita di tutti giorni”.
I pericoli della rete
L’articolo 97 del codice penale indica che il minore sotto i 14 anni non è mai imputabile. Per l’articolo 98 del codice penale “è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, aveva compiuto 14 anni ma non ancora i 18, se aveva capacità di intendere e di volere.” . Il codice civile, poi, regola la responsabilità dei genitori, portatori entrambi della responsabilità genitoriale. “Ma non ci sono solo queste leggi – spiega Ferraris -. C’è il revenge porn, ci sono altre regole che disciplinano il comportamento che dobbiamo tenere sulla rete, in particolare in relazione ai figli. Ci sono in gioco persone fragili”.
La polizia postale sta lavorando per la prevenzione del cyber crime: “L’Italia ha una legislazione molto importante, attenta a questi tipi di reato – fa sapere Manuela De Giorgi, dirigente polizia postale Piemonte e Valle d’Aosta -. Il digitale non va demonizzato, ma ci vuole la consapevolezza dei rischi. Non basta la competenza tecnica: lo schermo del telefonino ci trae in inganno. Particolare attenzione va portata al fenomeno del sexting, che, talvolta, sfocia nel flaming“. Per De Giorgi fondamentali sono i ruoli dei genitori, degli insegnanti e dello sport, portatore di valori che insegna anche a perdere. E poi c’è la web reputanion: “Abbiamo anche una reputazione online. I genitori dovrebbero limitare la pubblicazione sui social delle foto dei figli. In rete ci sono odio e discriminazione, di cui anche le donne sono spesso vittime. Bisogna invece diffondere una cultura della gentilezza”.
“Alla base di tutto c’è il rispetto – dice la cantante Manuela Villa, figlia dle celebre Claudio -. La caduta dei ruoli fa il resto: da quello degli insegnanti, dei genitori, delle istituzioni”. Il tema del cyberbullismo entra in una rosa di sintomi che si vedono manifestare ogni giorno: “I ragazzi devono sempre confrontarsi con una sorta di idea di perfezione – spiega la psicologa Giorgia Boccaccio -. I ragazzi sono nati nella rete, vivono nella rete, ma li abbiamo messi noi. A volte i primi cyberbulli sono i genitori. Finché pensiamo che la vita in rete sia altro, noi creeremo una distanza profonda con i ragazzi: come adulti il compito più importante rispetto alla rete è fare i terzi rispetto ai ragazzi e alla rete. La vita della rete è in continuità rispetto a quella reale”. Secondo la psicologa, la difficoltà dei ragazzi, a volte, è condividere qualcosa che pensano che gli adulti non siano in grado di reggere: perché crescono nella fatica di non deluderli.
“Di cyberbullismo si muore. Non può non essere un problema – dice Maurizio Siracusa, ethical hacker -. I genitori devono sapere le password dei figli minorenni. Il cellulare può essere pericoloso come un’automobile. I ragazzi usano in media 30 o 40 social, di cui i genitori non conoscono l’esistenza”.