La testata del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino

Luca Panichi: “Con la bici ho sconfitto la disabilità”

condividi

“Nonostante l’incidente, la mia passione per il ciclismo non si è mai sopita. Continuo a correre con la mia carrozzina, in maniera differente ma con gratificazioni importanti”. Luca Panichi, quarantanove anni, ha vissuto metà della sua vita sulla sedia a rotelle, ma il fil rouge che la lega è sempre lo stesso: quello che unisce strada, velocità, sfida dei propri limiti e che si chiama ciclismo.
Luca Panichi la montagna ce l’ha nel destino. Arriva da Magione, quindicimila abitanti arroccati sulle prime pendici che dalle sponde del Lago Trasimeno salgono verso l’Appennino umbro. Ciclista dilettante, il 18 luglio 1994 sta correndo la cronoscalata valida per il Giro dell’Umbria ma viene travolto da un’auto. Lesione cervicale midollare e la sua vita cambia. Niente più sensibilità degli arti inferiori, e un futuro sulla sedia a rotelle.
Ventitré anni dopo è sul traguardo di Oropa: ha appena concluso la salita che, tra qualche ora, affronteranno i corridori del Giro d’Italia: “Vivere giornate così mi fa sentire dentro la grande famiglia del ciclismo. E poi posso quasi dire che, un giorno all’anno, sono un professionista aggiunto: devo rispettare una cronotabella, non posso rilassarmi troppo”. Sono le 4 del pomeriggio, Luca Panichi ha scalato Oropa in cinque ore e, dopo una doccia, deve ancora mangiar pranzo. Ma il suo carattere e la sua forza di volontà hanno la meglio anche sulla fatica accumulata lungo gli undici chilometri di asfalto che ha appena percorso: “La forza è il tratto distintivo dell’essere atleta. Non è questione soltanto di allenamento o di avere uno stile di vita sano, ma soprattutto di motivazione. Altrimenti questi risultati non si ottengono”. E di risultati ne ha raccolti tanti, dal 2009, quando fece suo il Blockhaus. Negli anni, poi, ha scalato Stelvio, Passo del Tonale, Gavia e le Tre Cime di Lavaredo. Fino a Oropa: “Qua si viene anche portandosi dentro icone che hanno fatto la storia del ciclismo, a cominciare da Marco Pantani – prosegue -. Ogni volta, al Giro, ricevo una grande accoglienza. È bellissimo, nei momenti di difficoltà in salita, sentire il tifo del pubblico: ti aiuta a trovare energie che in quel momento non hai. E anche scambiare qualche battuta per strada con la gente appostata in attesa dei corridori: mi vedono e mi incitano, mi salutano. Significa che dentro la passione per questo sport c’è la simpatia del pubblico e la voglia di condividere le emozioni. Sul traguardo, poi, gli applausi e il conto alla rovescia ti fanno arrivare fino in fondo”.
Appena conquistata, Oropa fa già parte del passato. Panichi è proiettato sul futuro, ha di fronte a sé un calendario fittissimo che domenica lo porterà a Valdobbiadene per la salita dei Trevisani e poi, nel giro di un mese, al Giro d’Italia Amatori e allo Stelvio Challenge del Soccorso Clown. E poi la Gran Fondo Casartelli, il Gran Premio Capodarco e la Maratona d’Italia. “Una sorta di calendario come un atleta normodotato – conclude Panichi – a bordo della mia carrozzina, un prototipo monoscocca in carbonio, progettato non solo per migliorare le performance, ma anche per consentirmi di avere la migliore posizione da seduto. Nell’ultimo prototipo, in particolare, le rotelle anteriori sono posizionate diversamente, diminuendo l’attrito con l’asfalto e migliorando la scorrevolezza del mezzo”.

MARCO GRITTI