L’edizione numero 33 di Lovers, il festival del cinema lgbt, andrà in scena al cinema Massimo di Torino dal 20 al 24 aprile e sarà dedicata al tema dei diritti. Mai come in questo momento se ne sente il bisogno, dopo quello che è successo alla consigliera comunale Chiara Foglietta e alla sua compagna Micaela, che martedì 17 aprile si sono viste negare dall’anagrafe di Torino la registrazione del figlio nato con la fecondazione assistita. Irene Dionisio, al secondo anno come direttrice di Lovers, commenta così l’episodio: “Sono solidale con Chiara Foglietta. Quello che è successo è deplorevole. Mi auguro che venga presto chiarito e risolto. Torino è all’avanguardia in materia di diritti, ma non bisogna mai abbassare la guardia. “Nessun dorma”, come recita il motto di Torino Pride”.
Lovers, il più antico festival su tematiche di genere in Europa, presenterà al pubblico 81 film da 24 nazioni in 5 giorni, di cui 6 anteprime mondiali e oltre 50 nazionali. Irene, qual è l’impatto di queste iniziative sulla società?
Sul tema dei diritti il festival ha un’enorme importanza. Deve rimanere un luogo di confronto indipendente. Robin Campillo, importante autore francese ospite di Lovers, ha detto che “nelle sale si crea l’intelligenza collettiva”. Trovo che esprima bene il concetto.
Nel festival avete coinvolto anche Monica Cirinnà, che ha dato il nome alla legge sulle unioni civili.
Abbiamo voluto con noi due donne che hanno sempre supportato la questione dei diritti lgbt nella politica e nello spettacolo. Monica Cirinnà terrà un discorso e riceverà il premio “Milk”, ma avremo anche Francesca Vecchioni (attivista figlia del cantautore Roberto, ndr) che, attraverso l’associazione Diversity Lab da lei fondata, si occupa di sensibilizzare le aziende sul tema della discriminazione.
Lovers renderà omaggio a Xavier Jugelé, l’agente di polizia francese ucciso il 20 aprile 2017 sugli Champs-Élysées dagli attentatori dell’Isis. Come mai questa scelta?
Cerchiamo di tenere insieme tematiche e prospettive diverse. Il film “Xavier” di Giovanni Coda ha ricevuto molti premi internazionali ed è stato voluto con forza dal presidente del festival Giovanni Minerba. Racconta la storia di un attivista e poliziotto, morto in servizio. Per lo stesso motivo abbiamo scelto di dedicare una serata a Marielle Franco, consigliera comunale di Rio de Janeiro nera, lesbica e femminista, uccisa a colpi di pistola perché difendeva le minoranze.
Il presidente Minerba cura la rassegna “Cinque pezzi facili”. Cosa troverà il pubblico?
Giovanni ha avuto carta bianca per mettere insieme questa selezione di lungometraggi dedicati al tema dell’amore. Il pubblico troverà una grande carica emotiva in questi film, a partire dalla pellicola finlandese “A Moment in the Reeds”, che racconta il percorso di scoperta reciproca del rifugiato siriano Tareq e del giovane Leevi.
Lei è al secondo anno come direttrice di Lovers. Come è cambiato il suo approccio con il mondo del cinema?
Non posso dire che sia cambiato qualcosa nel modo in cui vedo il cinema. Lavorare da questo lato dell’industria è molto interessante, perché mi porta a considerare tutta una serie di tematiche sotto un altro punto di vista, diverso da quello di regista. Dirigere un festival vuol dire collocarsi all’interno di un certo periodo e dalla parte della produzione, ma anche difendere l’arte pura. I festival devono essere luoghi di ricerca e riflessione culturale.
Ultima domanda sul cinema lgbt in Italia: come ci collochiamo nel panorama artistico mondiale?
La sfida di questo genere di cinema, come di Lovers, è coniugare la componente identitaria e comunitaria lgbt con la necessità di proporre opere aperte a tutti. In Italia ne abbiamo avuto un esempio quest’anno con “Call me by your name”, il film di Luca Guadagnino che è diventato un caso, arrivando agli Oscar.
Cosa le è piaciuto del film di Guadagnino?
L’ho amato molto. In particolare la sceneggiatura, la maggiore consapevolezza del tema da parte del regista e le interpretazioni maschili. Avrebbe meritato molto di più in America.