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Limbo: ridefinire le emozioni con l’arte

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Percorrendo corso San Maurizio in direzione del Po, svoltando in via Vanchiglia e proseguendo fino al civico 16 si arriva in pochi passi ad un portone ampio, elegante, che introduce al cortile interno. È qui la nuova sede dell’Associazione culturale galleria Febo & Dafne che dal 23 febbraio al 18 marzo ospiterà Limbo, mostra collettiva degli artisti emergenti Dalila Boualoua, Marco Curiale, Francesca Fiordelmondo e Annamaria Nicolussi Principe.

L’esposizione si colloca nell’ambito di Novissimi+, la prima edizione del bando TO.BE che attraverso un percorso di attenta selezione gestito da Leal ha permesso di individuare gli artisti meritevoli di esporre le loro opere all’interno della galleria. ll progetto, che ha avuto già una prima fase lo scorso ottobre, è dedicato alla crescita professionale di artisti emergenti, provenienti da un percorso di formazione presso l’Accademia Albertina di Torino. A renderlo possibile la collaborazione tra Associazione Ghёddo, Febo e Dafne, Città di Torino e il sostegno della Fondazione Venesio.

Installazione di Francesca Fiordelmondo. Foto: Simone Matteis.

Un luogo per ridefinire le emozioni

Lo spazio espositivo porta il nome del dio greco delle arti e della sua amata, resi eterni dalla maestria senza età del Canova in una delle sue opere più iconiche. La trasformazione di Dafne in una pianta d’alloro si concretizza proprio sotto gli occhi di Apollo: il suo animo puro – dal latino phoebus – non può far altro che provare l’istinto primordiale di stringere a sé la fanciulla per non farla andare via per sempre. È tutto inutile, come raccontano Ovidio e Apuleio.

Colpisce il parallelismo tra questa vicenda e il concetto di limbo. Nelle parole di Carina Leal, giovane artista portoghese formatasi a Torino e curatrice dell’esposizione, questo viene interpretato come “uno spazio emotivo, il luogo metaforico in cui i nostri corpi perdono consistenza e l’atto immaginativo dove le nostre sensazioni prendono vita”. Come il corpo di Dafne, immergendosi nella realtà di Limbo, la corporeità si modifica fin quasi a scomparire, lasciando che “il mutevole flusso dell’esistenza” si riorganizzi attraverso le emozioni.

Muovendosi tra le tante opere esposte in galleria, gli sguardi dei presenti incrociano quelli dei giovani artisti. La sala prende vita, si anima con dialoghi che legano visioni e generazioni differenti sotto il grande vessillo dell’Arte. Francesca è accovacciata per raccontare la sua opera composta da tazzine frantumate, intente a cercare “un’altra metà per essere complete”. Annamaria accompagna i presenti alla riflessione sulla caducità delle sensazioni umane paragonandole alla “vita molto breve” dei fiori protagonisti dei suoi scatti. Dalila ammette che sì, ci spera davvero che Limbo rappresenti un trampolino di lancio per la sua carriera artistica. “Progetti come questi costituiscono un’opportunità unica per presentarsi al pubblico per la prima volta” spiega Carina, coetanea degli artisti in mostra ed ex tirocinante proprio alla galleria Febo e Apollo durante i suoi studi magistrali.

Incisioni di Dalila Boualoua. Foto: Simone Matteis.

Arte a Torino: quale futuro?

Valerio Pastore, che gestisce lo spazio espositivo insieme a sua moglie Gabriella Garelli, fornisce un’interessante chiave di lettura sullo stato di salute della cultura: “Il problema della sostenibilità del settore dell’arte esiste ed è grave, manca una spinta dal basso per la ripresa del settore in termini di sviluppo”. Ciò che si percepisce è la preoccupazione che anche l’arte abbia subito nel tempo un’inesorabile ondata di commercializzazione in ottica mainstream, un fattore da non sottovalutare per realtà piccole ed emergenti che rischiano di non riuscire a trovare la giusta forza per emergere e sopravvivere.

Lo spirito della mostra e del relativo bando è strettamente connesso al tessuto urbano: secondo Valerio, “Oggi Torino vive una condizione di rilassatezza culturale, come se mancasse una forte propulsione verso l’arte”. Più ottimista Marco: l’ultimo degli artisti che hanno preso parte a Limbo racconta di una realtà piena di grandi gallerie, ma anche di spazi indipendenti e autogestiti, ricchi di un “senso di comunità” che li rendono luoghi ideali per lo sviluppo dell’arte giovanile.

Annamaria, Dalila, Francesca e Marco si dicono soddisfatti per l’esito di questo bando, il primo che consente di creare sul territorio torinese un collegamento tra l’Accademia e le gallerie della città. Se è vero che “siamo tutti nello stesso Limbo” e che bisogna cercare di comprenderlo insieme, vale senza dubbio la pena augurare buona fortuna a questi quattro giovani artisti!  

Annamaria Nicolussi in compagnia di una visitatrice della mostra.
Foto: Simone Matteis.

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