Nel giorno in cui è venuta a mancare dopo una lunga malattia la sorella maggiore Maria Fida, Agnese Moro porta la sua testimonianza di ricerca della relazione per contrastare ogni forma di violenza, come quel bullismo che proprio nel 7 febbraio vede un giorno in cui focalizzare una lotta quotidiana.
I figli di Aldo Moro, ex presidente della Democrazia cristiana sequestrato e ucciso dalle Brigate rosse nel 1978, hanno affrontato in modo diverso ciò che è accaduto alla loro famiglia. Agnese ha scelto di portare avanti un percorso di giustizia riparativa con alcune persone che hanno partecipato al sequestro e all’uccisione di suo padre e vede nella relazione un superamento del conflitto, della violenza. Agli studenti e alle studentesse della World International School di Torino, in occasione della giornata contro bullismo e cyberbullismo, dice: “Spesso non abbiamo parole per dire le sofferenze che sentiamo e spesso siamo abituati che se diciamo delle parole nessuno le ascolta. Ma forse la parola mediazione, il riparare, è cercare di costruire dei luoghi o dei modi di essere per essere gli uni per gli altri costruttori di vita buona. Nessuno può vivere bene senza essere visto”. La scuola, aggiunge Moro, può essere più bella se diventa “un luogo in cui ci alleniamo a vedere gli altri e a vederci”.
L’esperienza della giustizia riparativa è stata inoltre per lei uno strumento prezioso e la riconosce come utile quando si fanno o subiscono dei torti: “chi mi ha fatto un torto non potrà mai capire la gravità di quello che mi ha fatto finché non mi vede di fronte: le persone che hanno ucciso mio padre pensavano che lui fosse un simbolo, non capivano che era una persona. Se tu sei in un luogo in cui quello che consideravi una cosa ti parla e ti parla della sua sofferenza, ti rendi conto che hai colpito una persona viva, vera, come te. E tu vedi che hai subito l’offesa vedi che quello non è un mostro, è una persona che ha fatto una cosa sbagliata e ti può spiegare perché l’ha fatto e magari vedi la sua sofferenza, come lui vede la tua”. Secondo Agnese Moro infatti gli atti di violenza non vengono fatti nei confronti di simili, ma verso chi viene oggettivizzato, chi diventa un nemico, o nel caso del bullismo uno “sfigato”. La giustizia riparativa consente invece di tornare su un piano in cui si è persone.
Bullismo e cyberbullismo sono problemi sempre più persistenti. Gli episodi segnalati sono in aumento, così come – più nello specifico – lo sono quelli basati sul background etnico o sull’orientamento sessuale. Sono gli ultimi dati diffusi del Monitoraggio su bullismo e cyberbullismo del Ministero dell’istruzione e del merito, che alla sua terza edizione ha coinvolto circa 185mila studenti e studentesse. Negli istituti interessati, il 26,9% degli intervistati ha subito occasionalmente o sistematicamente atti di bullismo. Il 10,1% è stato coinvolto in episodi basati sull’etnia e l’8,1% per l’orientamento sessuale. L’8% ha invece subito cyberbullismo.
Quello testimoniato da Agnese Moro è allora un esempio per cercare di migliorare, andare oltre alla violenza, per chi la subisce ma soprattutto per chi la esercita, che può rendersi così conto dell’effetto delle proprie azioni. Dopodiché, è importante che le scuole diventino luoghi sicuri. Luoghi in cui sentirsi accolti e ascoltati nelle difficoltà che si vivono ogni giorno.