La testata del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino

L’era 2.0 dell’agricoltura passa dal giornalismo

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Droni, controllo della filiera, politiche economiche di tutela al primo settore e rilancio dell’occupazione puntando proprio sulla terra: parlare di agricoltura, nel 2017, coinvolge una serie infinita di interlocutori e apre molti discorsi. Ma è il suolo, le piante che vi crescono, i frutti che si offrono, a rappresentare il cuore della questione. Ed è proprio da qui, dalla natura, che parte la seconda giornata al Festival del Giornalismo Alimentare di Torino. Con un panel nel cui titolo l’agricoltura si innesta sulla tecnologia.

Le api e il tema dell’impollinazione: le giornaliste Adelina Zarlenga e Monica Pelliccia raccontano il loro viaggio in India che le ha portate a scoprire la storia di un apicoltore nomade, chiamato dai coltivatori per impollinare le piante. Ma se dall’altra parte del mondo si sbattono le ali, qui da noi, delle api, si sente solo il ronzio: «In Italia le api stanno sparendo, soprattutto a causa dei pesticidi nicotinoidi».

Ivo Zoccarato, direttore del Dipartimento di Scienze Agrarie, forestali e alimentari a Torino, e Amedeo Reyneri, docente di agronomia e coltivazioni erbacee, mettono però in guardia da pericolose semplificazioni: «Non ci sono prove a livello europee di un diretto collegamento tra utilizzo di nicotinoidi e moria delle api – sostiene Reyneri – l’informazione non può semplificare un problema che in realtà coinvolge molti attori». Gli fa eco Zoccarato: «L’informazione cerca la notizia, deve semplificare, ma così facendo spaventa il lettore. Nel caso delle api, ad esempio, entra in gioco anche l’acaro Varroa», un parassita che si annida negli alveari e si nutre di favi e cera, rendendo inutilizzabile anche il miele contaminato.

L’altro grande tema sviscerato nel corso del panel sono le mode alimentari: Reyneri presenta il caso dei cereali ancestrali, che negli ultimi anni hanno interessato l’opinione pubblica in misura sempre crescente. C’è un grano buono ed uno cattivo? La selezione spontanea è migliore di quella genetica avanzata? Il professore dice di no, o almeno non in termini assoluti: «Il valore nutrizionale dei cereali passa dalla molitura, molto più che nella sfida concettuale tra varietà antiche e nuove», sostiene Reyneri. Chiude Zoccarato: «Mucca pazza, influenza aviaria, cancerogenicità della carne rossa: anche l’allevamento è spesso al centro dell’attenzione». Alcune volte in maniera giustificata, altre meno.

Quel che il giornalismo può e deve fare è parlarne in maniera equilibrata, approfondita, scrollandosi di dosso fretta e sensazionalismo che non fanno altro che alimentare pericolose psicosi in seno alla pubblica opinione.

MARCO GRITTI

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