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Le serie tv sono una cosa seria: se n’è parlato al Collegio Einaudi

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Discutere di serie tv andando oltre “adoro Game of Thrones, Jon Snow è il mio preferito!” è possibile, e l’ha dimostrato l’incontro dal titolo Le serie tv, i libri del nuovo millennio che si è tenuto ieri alle 18 alla Biblioteca del Collegio Einaudi, inserito nel progetto Torino che legge 2017. Condotti dalle tematiche lanciate da Antonio Santangelo, professore di Semiotica della Televisione all’Università degli Studi di Torino, e da Alessandra Caria del Collegio Einaudi, una quarantina di giovani universitari hanno discusso delle differenze e delle somiglianze tra romanzi e serie tv e delle specifiche di queste ultime: cliffhanger, bingewatching, trasmedialità, fandom e fanzine, costruzione dell’identità, teoria della lunga coda.

 

Si è partiti dalla domanda “perché ci piacciono le serie tv?” e dalla sua diretta discendente “perché preferiamo (o non preferiamo) i libri alle serie tv?”. Le somiglianze tra libri e serie sono molte: le serie sono infatti le figlie dei romanzi di appendice di Dickens e Dostoevskij , fatte di puntate che finiscono con cliffhanger, momenti di tensione e domande senza risposta che ci spingono a guardare la puntata successiva, così come un tempo si aspettava il capitolo successivo de I tre moschettieri. Oggi guardiamo le serie tv come leggiamo i libri: a letto, al buio, prima di addormentarci. Anche a livello di costruzione, molte serie sono pensate e pubblicate per essere viste come si legge un romanzo: è il fenomeno del bingewatching, che spinge a guardare una serie tv tutta insieme, un episodio dopo l’altro, proprio perché canali come Netflix pubblicano intere stagioni a blocchi, come se fossero romanzi.

Come i romanzi, le serie tv aiutano a costruire un’identità: condividendo il tempo con i propri pari, si può discutere di Baricco, di politica, di calcio e dell’ultimo episodio di House of Cards. Questo crea una sfera di interessi che inserisce il singolo in un contesto sociale e culturale.

 

Ciò che differenzia libri e serie tv è chiaramente la transmedialità: posso guardare Black Mirror su molti dispositivi diversi, ma posso leggere Il nome della rosa su carta o su strumenti come il Kindle. Questo non vuol dire però che subiamo passivamente le serie, usando invece una dose maggiore di immaginazione leggendo un libro: basti pensare a Lost, che ha creato un fandom molto attivo (siti web, merchandising, fanfiction, Lostpedia), o a Hannibal, che lascia molto delle relazioni tra i personaggi alle diverse sensibilità degli spettatori. Di Breaking Bad è spesso messo in discussione il topic stesso: è una serie sulla droga, su Walter White o sull’eutanasia? E ancora: cosa è bene e cosa è male nella serie? Walter White è un criminale o un padre e marito amorevole? Sono domande senza risposta, tutte suscitate da quella serialità televisiva che ancora molti considerano produzione di contenuti di serie b.

 

Durante l’incontro si è discusso di serie che evolvono e di serie che rimangono statiche, concentrando l’attenzione sui protagonisti: il Don Draper di Mad Men rimane sempre uguale a se stesso, la macchietta del pubblicitario bello e creativo, ma volubile e infedele. Non cambia come invece fa il Dexter dell’omonima serie, che riflette su se stesso in relazione alle donne che frequenta per arrivare, nel corso di otto stagioni, a una realizzazione drammatica che si lega ai casi di omicidio che compie e risolve. Don Draper non riflette su se stesso: lo fa invece il chirurgo John Thackery di The Knick, che analizza la propria dipendenza anche attraverso i pazienti che cura.

Si è parlato anche di serie nate per soddisfare il grande pubblico e di serie che, come i romanzi di appendice, si trascinano avanti tralasciando il senso di chiusura che ogni opera d’ingegno dovrebbe avere.

Le serie tv sono i romanzi del nuovo millennio? Rimane una domanda senza risposta: resta il fatto che libri e serie hanno molte cose in comune e molte differenze, ma questo non comporta che uno dei due sia migliore o più importante dell’altro.

 

MARTINA PAGANI

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