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Le reti femministe dicono no al fondo vita nascente

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Sono molte le voci che il 18 febbraio, sotto alla sede del Consiglio Regionale a Palazzo Lascaris, in via Alfieri 15, si sono levate per dire no al fondo vita nascente in occasione del presidio organizzato dalle reti femministe Più di 194 voci e Non una di meno.

Il fondo vita nascente è un fondo pubblico che la Regione assegna tramite bando ad associazioni del Terzo settore che portano avanti progetti legati alla promozione della maternità, a sostegno di donne in situazione di fragilità per aiutarle a superare le cause che potrebbero indurle all’interruzione di gravidanza. Il finanziamento è stato istituito nel 2022 con l’articolo 19 della legge regionale n. 6. Per il quarto anno consecutivo, la Regione ha approvato lo stanziamento di fondi al progetto promosso dall’assessore alle politiche sociali Maurizio Marrone. La quota annua prevista per il finanziamento dalla prima edizione del bando ha visto un aumento che dai 460mila euro nel 2022 è arrivato oggi a un milione di euro.

Durante il presidio le associazioni hanno presentato i risultati emersi dall’analisi del primo bando del 2022, dei progetti finanziati e delle relative rendicontazioni. “Per gli atti di rendicontazione abbiamo dovuto chiedere l’accesso alla Regione e nel giro di un mese li abbiamo ottenuti” racconta Valentina Donvito della rete Più di 194 voci. “Dall’analisi che abbiamo fatto, quello che abbiamo visto è che questi fondi vengono erogati in maniera casuale, senza dei criteri” continua Donvito, sostenuta dalla segretaria di Cgil Elena Ferro, presente al presidio, che ribadisce come l’erogazione dei fondi sia effettuata “senza un criterio redistributivo, senza una logica, con interventi di stampo assistenzialista”. L’assenza di criteri chiari per l’attribuzione dei fondi alle associazioni è uno degli elementi più criticati insieme al carattere emergenziale dell’intervento e alla connotazione ideologica delle associazioni che hanno ottenuto i finanziamenti.

All’evento hanno preso parte anche le consigliere regionali dell’area di centro-sinistra per far sentire anche in questa sede il loro no al fondo vita nascente. “È inaccettabile dal nostro punto di vista che con tutte le carenze in ambito sanitario, di cura della salute femminile, delle donne e delle madri, la regione Piemonte trovi un milione di euro all’anno da dare ad associazioni private che sono anti-scelta e anti-aborto” ha dichiarato Valentina Cera, consigliera regionale di Alleanza Verdi e Sinistra (Avs). Sempre Cera mette in discussione l’effettiva utilità del fondo per quello che riguarda la durata del sostegno economico ricevuto dalle donne in difficoltà. “Abbiamo letto la rendicontazione: le azioni pratiche spesso anziché essere un aiuto per queste donne ne aggravano la situazione, sono donne in completa situazione di fragilità a cui vengono pagati 3 o 4 mesi di affitto e poi si lasciano di nuovo da sole con magari il quinto figlio in arrivo, dopo che le si è convinte a tenerlo” spiega Cera. Dello stesso parere anche la consigliera Alice Ravinale, sempre di Avs. “Il fondo vita nascente è un fondo stanziato nelle misure di welfare che dipendono dall’assessore Marrone. Si tratta di risorse che vanno a pagare beni materiali, come quote d’affitto, bollette, pannolini e altro ancora per donne che vivono una condizione di povertà estrema o anche una situazione di violenza e che ricevono un aiuto per un periodo molto limitato” chiarisce Ravinale.

Un dato mancante sono le condizioni economiche delle donne in difficoltà a cui è stato fornito supporto tramite il fondo vita nascente. “Di quasi nessuna di queste donne viene detto se lavora o non lavora. Cioè il problema del lavoro e dell’autonomia economica di queste donne non viene quasi preso in considerazione” osserva Donvito della rete Più di 194 voci. Il sindacato si inserisce in questo vuoto d’informazione per rivendicare “il fatto che le donne debbano avere una contrattualizzazione, quindi un lavoro che non sia precario. Questo è quello che noi mettiamo in discussione: l’indipendenza economica delle donne” dichiara Ferro di Cgil.

Per l’impiego dei fondi, una controproposta arriva dalle associazioni femministe che hanno fatto un calcolo di quello che si potrebbe finanziare con le risorse economiche destinate al Fondo vita nascente. Grazie ai risultati della campagna 2024 “E tu cosa faresti con 2,34 milioni di euro”, la rete Non Una di Meno Piemonte ha elaborato una quantificazione dei servizi che potrebbero essere erogati in un anno. Sono consultori, centri antiviolenza e posti negli asili nido le realtà da implementare su cui c’è unanimità tra i partecipanti al presidio, dalle associazioni alle rappresentanti istituzionali. “Le donne vanno aiutate stanziando risorse per rafforzare i consultori, per implementare i servizi di sostegno alla famiglia e alla prima infanzia, per abbattere le rette degli asili nido” dichiara Sarah Disabato, consigliera regionale del Movimento 5 Stelle. Un esempio è il Consultorio Familiare dell’ASL TO2, meglio conosciuto come il Consultorio del quartiere Vallette. “Si tratta di un consultorio chiuso in un contesto sociale ed economico molto molto fragile della periferia nord della città – spiega Valentina Cera, di Avs – ecco, questi soldi del fondo vita nascente dovrebbe essere dedicati, per esempio, a riaprire questo consultorio”.

Il comitato Prolife Insieme: “Nessuna violenza, vogliamo mostrare un’alternativa”

Il comitato Prolife Insieme raegisce a quelle che considera forzature di chi si oppone al fondo. “Sia la stanza dell’ascolto dell’ospedale Sant’Anna di Torino che il fondo hanno come fine il fornire supporto alle donne che stanno decidendo di fare una cosa terribile”, dice Angela D’Alessandro, a nome del Comitato.

D’Alessandro spiega che “l’obiettivo di chi si pone dalla parte della donna è quello di mostrare un’alternativa alla morte perché l’alternativa per impedire alla mamma di uccidere il proprio bambino c’è.
Oltre ad offrire supporto psicologico, gli operatori dei centri di aiuto alla vita, propongono alla futura madre aiuti concreti. Informandola inoltre che, se proprio non si sente di tenere il bambino per motivi personali, esiste la possibilità del parto anonimo , garantito dalla legge”. Secondo D’Alessandro, “nessuno degli operatori dei centri di aiuto alla vita farà mai violenza o cercherà di manipolare la futura madre per farla desistere dalla scelta che, qualunque essa sia, sarà sempre personale”.

ARTICOLO AGGIORNATO ALLE ORE 12.30 DEL 20 FEBBRAIO 2025

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