La testata del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino

Le imprese piemontesi sognano l’America

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“Quando la gente compra un trapano, in realtà non vuole un trapano, vuole un buco nel muro”. È così che, per Muriel Nussbaumer, rappresentante per l’Italia della AmCham, la Camera di commercio italo-americana, funziona il mercato statunitense. Lo ha spiegato a Torino al convegno sull’internalizzazione delle imprese piemontesi organizzato dall’onorevole Alessandro Panza, europarlamentare del Gruppo Lega. E lo ha spiegato citando Philip Kotler, guru ultranovantenne del marketing globale. “Il Made in Italy – ha affermato Nussbaumer – è sinonimo di qualità, ma non basta. Bisogna proporre agli americani soluzioni semplici, efficaci, risolutive. Bisogna proporsi al mercato nel modo corretto, cioè prima di tutto conoscendolo”. Anche nel caso delle piccole e medie imprese. 

Scopo dell’incontro era infatti far conoscere alle aziende piemontesi le possibilità offerte dagli States, specie ora che Biden ha messo in campo un piano straordinario di aiuti da 1.700 miliardi destinato alle imprese. Possibilità ancora più importanti, ora che le cose da noi non vanno benissimo: “Con due semestri consecutivi chiusi con il segno meno – ha affermato Panza – la Ue è in recessione tecnica. Guardare oltreoceano significa trovare nuovi sbocchi, senza essere troppo condizionati dal mercato interno, dall’inflazione e dalla crisi dei prezzi”. 

Ma come fare, per le aziende locali, spesso a conduzione familiare, ad entrare nel mercato Usa? Gli strumenti non mancano e molti sono quelli messi a disposizione dall’Europa, dall’Access2Market, che consente di ottenere informazioni sulle regole dei mercati esteri, ai programmi dedicati alle fiere, al marketing e ai manager temporanei dell’esportazione. 

“Non dimentichiamo che gli Usa sono i principali investitori esteri in Piemonte – ha ricordato Dario Peirone, presidente CeiPiemonte, Centro estero per l’internalizzazione – e i loro investimenti rappresentano il 30% dei capitali esteri nella regione”. I rapporti, insomma, sono solidi e affondano le radici nel tempo. I prodotti italiani ed europei, poi, godono del vantaggio su quelli  provenienti dalla Cina, sottoposti a dazio punitivo, ma è importante non compiere errori anche elementari. 

“Aziende e professionisti italiani spesso si presentano con brochure e materiale in formato A4 – ha raccontato Nussbaumer -, senza tener conto che negli Stati Uniti si usa il formato letter, quindi il nostro materiale non entra nelle buche delle lettere e non sta sugli scaffali”. Tra le altre leggerezze frequenti che rischiano di compromettere il successo di un’operazione di export, la Camera di commercio italo-americana registra l’impiego di un inglese che è in realtà italiano tradotto e la scelta di immagini che non tengano conto delle caratteristiche della popolazione americana, composta per la maggior parte da bianchi, ma anche da ispanici e afroamericani. 

L’America è ancora lontana? “È un mercato competitivo – ha concluso Panza – e non è una cosa immediata, ma le opportunità ci sono e devono essere alla portata di tutti, anche delle realtà più piccole”.

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