“Questa è la guerra”. Mentre le immagini che arrivano da Bucha inorridiscono, chi racconta il conflitto in Ucraina non dice altro. “Potevamo solo immaginare quelle cose, ma fino a Bucha non potevamo saperlo”, commenta Valerio Nicolosi, giornalista per MicroMega da pochi giorni rientrato in Italia dopo aver documentato l’assedio di Kiev e l’esodo della popolazione ucraina.
“Purtroppo Bucha non sarà l’unico posto in cui vedremo scene simili”, avverte da Kharkiv Salvatore Garzillo, cronista freelance che con la barbarie ci convive dall’inizio di questo conflitto: “La voce è che ci siano molti altri posti con fosse comuni ancora più grandi di quelle di Bucha”. E più passano le ore, più queste parole trovano conferma. “Adesso Bucha è un posto eclatante sia per le scene terrificanti, sia perché è una città molto vicina alla capitale”, aggiunge Garzillo.
Man mano che le città intorno a Kiev vengono liberate, atrocità simili a quelle di Bucha si registrano anche a Borodyanka e Irpin. A pochi chilometri dalla capitale le autorità ucraine denunciano altre violenze ai danni di civili indifesi, colpiti di spalle e accatastati come spazzatura. Persino i bambini non sarebbero stati risparmiati dalle torture. “Ma la domanda che mi faccio è: quando non è successo?”, si chiede Valerio Nicolosi. “Purtroppo – aggiunge – la guerra è questo”.
Un conflitto in cui a farne le spese è anche la verità dei fatti. Nicolosi lo spiega nel suo podcast e lo ribadisce quando lo sentiamo per telefono: “Oggi c’è ancora chi nega che Assad abbia utilizzato armi chimiche in Siria. Anche i russi continueranno a negare, perché per loro la disinformazione è parte della guerra”. A fare luce sui crimini commessi e testimoniati dai cadaveri che ricoprono le strade sarà l’Onu, mentre l’Unione europea prepara il quinto pacchetto di sanzioni a Mosca.
Bucha sembra destinata a fare da spartiacque in questo conflitto, ma l’indignazione non sarà un freno per l’esercito russo. “Si stanno preparando per tornare ad attaccare il fronte est, le zone di Kharkiv, Kramatorsk e Sloviansk”, spiega Garzillo. Kharkiv, infatti, potrebbe essere strategica per i piani russi non solo per la vicinanza al confine orientale, ma anche per la prossimità alla zona del Donbass. “Questa è la seconda città dell’Ucraina, per i russi prendere Kharkiv significa prendere la Kiev dell’est”.
Una città di quasi un milione e mezzo di abitanti sconvolta, come tutto il Paese, dall’invasione di Mosca. Qui, come altrove, la guerra ha imposto una nuova routine: gli allarmi, il coprifuoco, l’oscuramento. “Molta gente continua a fare la spesa, ma ci va armata”, racconta Garzillo. Sono le persone rimaste a Kharkiv, una delle località svuotate dalla fuga ucraina. “In realtà l’esodo è terminato”, spiega Valerio Nicolosi che fino alla scorsa settimana era a Leopoli e poi sul confine polacco: “Quello che ho visto è che la gente fuggita dal nord sta rientrando perché il fronte si è spostato a sud. Adesso il flusso arriva da lì, ma è molto circoscritto ad alcune zone come Mykolaiv, Odessa, Mariupol e Kherson”.