È lo scarto tra la nostra aspirazione all’autorealizzazione e le reali necessità del mondo del lavoro che, secondo il saggista Alberto Ventura, causa un malessere persistente nella società odierna. Nel suo intervento al Teatro Gobetti in dialogo con la sociologa Francesca Coin nell’ambito di Biennale Democrazia, Ventura ha ribadito che la “civiltà moderna si fonda sull’idea che ognuno di noi sia destinato a realizzare se stesso nel corso della propria esistenza”.
Questa promessa, però, non può essere mantenuta. Perché dall’altro lato ci sono le esigenze del sistema capitalistico, che tende intrinsecamente alla parcellizzazione del lavoro, all’ottimizzazione e alla razionalizzazione dei processi produttivi. Ciò condanna i lavoratori a task sempre meno realizzanti e sempre più alienanti. Secondo Ventura, la realizzazione di sé può apparire come una strategia percorribile per accedere alle posizioni più ambite in società, le uniche che sfuggono alla divisione del lavoro.
Ciò condanna le persone a una infelicità perenne e a una feroce lotta per l’affermazione sociale che lascia inevitabilmente numerosi sconfitti. La promessa di autorealizzazione costituisce dunque un inganno che ci relega a una condizione di delusione permanente. Ma questo immaginario è un pilastro della nostra società che possiamo ritrovare nei grandi classici della letteratura e che viene diffuso a partire dall’istruzione scolastica.
Coin, autrice de Le grandi dimissioni, che narra del fenomeno della disaffezione nei confronti del proprio lavoro e dell’ondata di dimissioni volontarie che ha recentemente investito gli Stati Uniti e altri Paesi, ritiene che sia sempre più difficile accedere all’autorealizzazione. È questo a creare disaffezione verso il proprio mestiere, specialmente nelle fasce più basse del mercato del lavoro, come i settori della ristorazione, dell’educazione, della cooperazione.
Questa tendenza è riscontrabile in numerosi Paesi differenti, dove il mercato del lavoro è organizzato secondo principi simili. A causare disaffezione contribuisce la valutazione invadente della performance personale, che porta stress e malessere psicologico ai lavoratori. Secondo Coin “stiamo assistendo a un deterioramento delle condizioni di lavoro che assume una dimensione sistemica, specialmente in Italia”. Questo deterioramento però non è compensato da un aumento dei salari.
Il risultato è che le persone abbandonano il loro mestiere nonostante la disoccupazione sia giunta a livelli critici in Italia. In una società sempre più polarizzata sia politicamente che economicamente, stiamo vivendo una crisi sistemica del mondo del lavoro non più compensata da un incremento degli stipendi. In questo contesto, abbandonare la propria occupazione rappresenta un “piccolo atto di affermazione di sé”.